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La disciplina del fine vita in Italia

In questa sezione si raccolgono i principali materiali di carattere normativo, giurisprudenziale e tecnico-scientifico riguardanti le tematiche di fine vita nell’ordinamento italiano.

INDICE

  1. Documenti sovranazionali e internazionali
  2. Normativa nazionale
  3. Fonti e iniziative regionali
  4. Proposte di legge
  5. I casi e la giurisprudenza

Documenti sovranazionali e internazionali

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Normativa nazionale

Il principale riferimento normativo nazionale in materia è dato dalla L. n. 219 del 14 dicembre 2017 in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento, pubblicata in G.U. il 16 gennaio 2018 (Serie Generale n. 12) ed entrata in vigore il 31 gennaio 2018.

questo link una ricognizione della procedura di approvazione della legge, del quadro normativo ad essa connesso, della giurisprudenza rilevante e altri documenti ad essa relativi che si ritengono utili.

Oltre alle disposizioni della nuova legge, sono rilevanti anche i principi di autodeterminazione, tutela del consenso e diritto al rifiuto dei trattamenti sanitari, desumibili da numerose fonti del nostro ordinamento:

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Fonti e iniziative regionali

A causa dell’inerzia del Parlamento anche a seguito della pronuncia della Corte costituzionale (sent. 242/2019), alcune Regioni si stanno autonomamente attivando al fine di giungere ad un testo normativo che stabilisca tempi certi e procedure uniformi per accedere all’aiuto medico a morire alle condizioni stabilite dalla Consulta.

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Proposte di legge

Di seguito riportiamo l'elenco delle proposte di legge depositate in materia di eutanasia, con le relative schede e i lavori preparatori:

XVIII Legislatura

  • C. 3101 Trizzino (“Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”) – 10 maggio 2021;

XVII Legislatura 

  • C. 4651 Mantero e Silvia Giordano (“Disposizioni in materia di eutanasia”) – 20 settembre 2017;
  • C. 3336   Bechis (“Disposizioni in materia di eutanasia e rifiuto dei trattamenti sanitari”) – 30 settembre 2015;
  • C. 2973   Nicchi (“Norme in materia di eutanasia”) – 19 marzo 2015;
  • C. 2218   Di Salvo (“Norme in materia di eutanasia”) – 24 marzo 2014;
  • C. 1582   d'iniziativa popolare (“Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia”) – 13 settembre 2013;

Principali documenti di comitati consultivi e comunità scientifiche

Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB)

Società medico-scientifiche

Comitati etici regionali consultivi

  • Parere nr. 2 del 14/02/2020  della Commissione regionale Toscana di Bioetica - Liceità condizionata del suicidio medicalmente assistito e sistema sanitario regionale

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I casi e la giurisprudenza

Il caso di Eluana Englaro

Corte di Cassazione - sez. I civ. - sent. 16 ottobre 2007, n. 21748: caso Englaro

La Corte di Cassazione italiana, in un caso relativo alla richiesta da parte del tutore di una ragazza posta in condizione di “stato vegetativo permanente” di interrompere l’idratazione e l’alimentazione artificiali somministrate alla stessa, ha ammesso che il giudice possa autorizzarne l’interruzione soltanto in presenza di due circostanze concorrenti:

  • l’irreversibilità della condizione di stato vegetativo della paziente, scientificamente fondata, in modo che non vi sia, in base agli standard scientifici internazionalmente riconosciuti, alcuna possibilità di recupero della coscienza e delle capacità di percezione;
  • l’accertamento univoco della volontà della paziente, sulla base di elementi tratti dal vissuto della medesima, dalla sua personalità e dai convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici, circa il rifiuto alla continuazione del trattamento.

Consiglio di Stato - sent. n. 04460/2014: illegittima la decisione della Regione Lombardia sul caso Englaro

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dalla Regione Lombardia avverso la sentenza di annullamento (T.A.R. Lombardia, sent. 214 del 26.1.2009) del provvedimento della Regione con il quale la Direzione Generale Sanità aveva negato la possibilità di accesso a una struttura regionale per ottenere il distacco del sondino naso-gastrico che alimentava e idratava artificialmente Eluana Englaro. Il distacco era stato autorizzato dalla Corte d’Appello di Milano (decreto 9.7.2008) nel giudizio di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione (sent. 21748/2007 ).

Tar Lombardia - sent. n. 650/2016: condanna della Regione Lombardia al risarcimento dei danni nel caso Englaro

Il Tar della Lombardia ha condannato la Regione a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali per la decisione di impedire l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale, contrariamente a quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Milano nel 2008, in seguito alla pronuncia della Cassazione  del 2007.

Consiglio di Stato – sent. n. 3058/2017: conferma della condanna della Regione Lombardia al risarcimento dei danni nel caso Englaro

Il caso di Piergiorgio Welby

Tribunale di Roma – sezione I civile – ordinanza 16 dicembre 2006

Piergiorgio Welby, affetto da una grave malattia degenerativa (“distrofia fascioscapolomerale”), agisce con un ricorso d’urgenza ex artt. 669 ter e 700 c.p.c. per ottenere il distacco del respiratore artificiale sotto sedazione terminale, ricorso che non viene accolto.

Data l’impossibilità di procedere con l’assenso del giudice, Piergiorgio Welby procede nel suo intento con l’aiuto del dott. Mario Riccio.

Tribunale di Roma - sent. n. 2049/2007 - Caso Welby: non luogo a procedere nei confronti del medico che ha interrotto il trattamento di sostegno vitale

Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti del medico, il dott. Riccio, in quanto non punibile del reato di omicidio del consenziente ex art. 579 c.p., nonostante l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato, per la sussistenza dell’esimente dell’adempimento di un dovere ex art. 51 c.p.

Il caso di Enzo Forzatti 

Corte d’Assise d’Appello di Milano - sent. 24 aprile 2002

La Corte d’assise d’appello di Milano riforma la sentenza di condanna di primo grado del sig. E. Forzatti in merito all’imputazione di uxoricidio premeditato, poiché reato impossibile per inesistenza dell’oggetto, in particolare un omicidio impossibile per insufficienza della prova dell’esistenza in vita della persona che l’imputato avrebbe inteso sopprimere. Nei fatti il sig. Forzatti, rispettando la volontà precedentemente espressa dalla moglie e minacciando con un’arma da sparo (poi risultata scarica) gli operatori sanitari per tenerli lontano, aveva staccato i tubi di collegamento dell’impianto di ventilazione che la teneva in vita, provocandone così il decesso.

Il caso di Walter Piludu 

Tribunale di Cagliari - decisione 16 luglio 2016: giudice tutelare ordina interruzione trattamenti di sostegno vitale

Il Giudice tutelare del Tribunale di Cagliari, pronunciandosi sulla richiesta dell’amministratore di sostegno di W.P., malato di SLA, ha autorizzato, previa assunzione del consenso attuale di W.P. (e in caso di sopravvenuta incapacità, del suo amministratore di sostegno), l’interruzione del trattamento di sostegno vitale mediante respirazione artificiale, previa sedazione.

Il caso Fabiano Antoniani

In seguito ad un grave incidente stradale, avvenuto nel 2014, Fabiano Antoniano rimane cieco e paraplegico. Dopo essersi sottoposto a diversi trattamenti anche sperimentali, nella consapevolezza dell’irreversibilità della prognosi matura in lui la decisione di mettere fine a una vita che concepiva indignitosa. Per questo motivo entra in contatto con Marco Cappato che nel febbraio del 2017 lo accompagna in Svizzera per sottoporsi alla procedura di accompagnamento alla morte volontaria (c.d. suicidio assistito). Al suo ritorno in Italia, dopo essersi autodenunciato, Marco Cappato viene iscritto nel registro degli indagati per il reato di aiuto al suicidio ex art. 580 cod. pen.

Nel maggio del 2017 il Procuratore della Repubblica ritiene che la condotta di Marco Cappato rientri tra le condotte di partecipazione materiale o fisica al suicidio punite ex art. 580 cod. pen., mentre esclude la partecipazione morale o psichica in quanto l’indagato non risulta aver influito sul processo di formazione della volontà suicida dell’Antoniani. Tuttavia, dal momento che l’indagato non ha avuto alcun ruolo materiale nella fase esecutiva vera e propria della morte del sig. Antoniani, la sua condotta in sé considerata si configura tra gli atti preparatori penalmente irrilevanti senza integrare il reato di cui all’art. 580 cod. pen. e per questo richiede al Giudice per le indagini preliminari l’archiviazione del procedimento nei confronti di Marco Cappato.

Nel luglio del 2017 il GIP rigetta la richiesta di archiviazione  e ordina al PM di disporre l’imputazione coatta per il reato di assistenza al suicidio nei confronti di Marco Cappato. Infatti, secondo il GIP la condotta del Cappato deve essere inquadrata all’interno della fattispecie di cui all’art. 580 cod. pen. in quanto partecipazione materiale e morale al suicidio per aver agevolato l’esecuzione materiale del suicidio e aver rafforzato il proposito suicidario di Fabiano Antoniani.

Dopo aver escluso che l’intervento di Marco Cappato abbia in alcun modo contribuito a rafforzare la decisione suicidaria di Fabiano Antoniani, nel febbraio del 2018 la Corte d’Assise di Milano solleva questione di legittimità costituzionale  dell’art. 580 cod. pen. nella parte in cui incrimina le condotte di aiuto al suicidio a prescindere dal loro contributo alla determinazione e al rafforzamento del proposito suicidario, in quanto ritiene tale incriminazione in contrasto e violazione dei principi costituzionali (artt. 3, 13 co. 2, 25 co. 2, 27 co. 3 Cost.) che individuano la ragionevolezza della sanzione in funzione dell’offensività della condotta accertata. 

Con ordinanza n. 207/2018  la Corte Costituzionale ha rinviato all’udienza pubblica del 24 settembre 2019 la trattazione delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 580 c.p., sollevate dalla Corte d'assise di Milano.

Un anno dopo, con sentenza n. 242/2019 , la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, in presenza di specifiche e determinate condizioni, agevoli l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi.

Per i testi delle decisioni di questo caso giudiziario, vedi il sito di Giurisprudenzapenale.

Il caso Mario

Mario (nome di fantasia), paziente affetto da tetraplegia irreversibile, chiedeva la prescrizione di un farmaco per porre fine alla propria vita, previa verifica dei presupposti di non punibilità per l'aiuto al suicidio, previsti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 242/2019 .

Decideva dunque di rivolgersi alla Asl di competenza (ASL Marche) per ottenere quanto previsto dalla Consulta che tuttavia emetteva un provvedimento di diniego.

Il Tribunale di Ancona, in data 26 marzo 2021, aveva respinto la richiesta, sulla base dell'asserita inesistenza, nonostante la pronuncia della Corte costituzionale, di un "diritto a morire".

Con ordinanza del 9 giugno 2021 , al contrario, il Tribunale ha accolto il reclamo contro la precedente decisione e ha ordinato all'Azienda Sanitaria Unica Regionale di accertare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla Corte costituzionale e l'idoneità del medicinale individuato dal paziente.

L'Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche, con parere del 9 novembre 2021 , ha accertato la sussistenza dei requisiti richiesti, ma ha ritenuto di non potersi esprimere riguardo l'idoneità del farmaco. Questo aspetto è stato affrontato nella relazione del Gruppo Tecnico Multidisciplinare  che ha valutato l'idoneità del farmaco Tiopentone, appropriato per la procedura di suicidio assistito, ma al tempo stesso ha ricordato che, in assenza di una disciplina normativa nazionale, la valutazione delle modalità attuative della scelta rimane soggettiva e discrezionale.

Il caso di Antonio 

Tribunale di Ancona - Ordinanza 1 febbraio 2022: imposta all'azienda sanitaria la verifica dei presupposti per l'aiuto al suicidio nel caso Antonio

Il Tribunale, in un caso analogo al Caso Mario , ha imposto all'ASUR la verifica della sussistenza dei presupposti stabiliti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 242/2019  per l'operatività della causa di non punibilità del suicidio assistito. Pur non avendo la Corte introdotto un vero e proprio "diritto a morire", si è creato sul piano del diritto positivo un "diritto del malato a richiedere alla struttura competente il procedimento per l'accertamento delle condizioni per l'operatività della causa di non punibilità".

Il caso di Davide Trentini

Corte d’assise di Massa, caso Trentini: la dipendenza costante da cure mediche e l’assistenza permanente nell’espletamento di una funzione organica integrano la condizione della dipendenza dai “trattamenti di sostegno vitale” di cui alla sent. 242/2019 della Corte costituzionale.

Il sig. Trentini, affetto da sclerosi multipla, manifestava la richiesta di aiuto a morire e, pertanto, accompagnato da Marco Cappato e Mina Welby in Svizzera, gli era applicata la flebo con il farmaco letale, munito del meccanismo di iniezione che ha attivato lo stesso Trentini, facendo sopraggiungere la morte nel giro di pochi minuti.

La Corte d’assise di Massa assolve gli imputati affermando da un lato che la fattispecie di rafforzamento del proposito suicidiario non sussiste (ai sensi dell’art. 530, co. 1 c.p.p.), per mancanza dell’elemento materiale; dall’altro, che rispetto alla fattispecie agevolativa, “vi è un concreto dubbio in merito alla sussistenza di una scriminante”, e che in definitiva il fatto non costituisce reato (ai sensi dell’art. 530, co. 2-3 c.p.p.). La Corte d’assise si trovava a dover applicare l’art. 580, co. 1 c.p. (istigazione o aiuto al suicidio), nella versione risultante dall’intervento manipolativo di cui alla sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale, senza che nel frattempo il Parlamento avesse approvato la legge auspicata dalla Consulta. I giudici di Massa passano in rassegna l'elenco dei requisiti necessari affinché possa ritenersi sussistente la causa scriminante introdotta dalla Consulta nella sentenza 242 del 2019, controllandone la ricorrenza nel caso di specie sulla base del quadro emergente dalle risultanze processuali. A tal proposito residuava un ragionevole dubbio in relazione alla condizione di dipendenza da “trattamenti di sostegno vitale”, dal momento che il sig. Trentini non era stabilmente collegato ad un respiratore automatico o ad altro meccanismo strettamente funzionale al suo mantenimento in vita.

La Corte d’assise, al punto 15.2 della motivazione, afferma chiaramente che “la dipendenza da “trattamenti di sostegno vitale” non significa necessariamente ed esclusivamente “dipendenza da una macchina””. Partendo dall’analisi integrata delle disposizioni della l. n. 219/2017 e di quanto previsto nella sent. 242 del 2019, la Corte d’assise conclude che “ciò che ha rilevanza sono tutti quei trattamenti sanitari – sia di tipo farmaceutico, sia di tipo assistenziale medico o paramedico, sia, infine, con l’utilizzo di macchinari, compresi la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale – senza i quali si viene ad innescare nel malato “un processo di indebolimento” delle funzioni organiche il cui esito – non necessariamente rapido – è la morte”.

Il caso di Anna

Tribunale di Trieste – ordinanza 4 luglio 2023: condanna all’accertamento dei presupposti per il suicidio medicalmente assistito nel caso di Anna

Il caso riguarda una donna affetta da sclerosi multipla, che, al fine di poter accedere alla procedura di suicidio medicalmente assistito, ha domandato all’ASUGI di accertare la sussistenza dei presupposti individuati nella sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019, di stabilire quale fossero il farmaco e le modalità idonee ad assicurarle una morte rapida, dignitosa e indolore, e di trasmettere poi tali informazioni al Comitato Etico territoriale competente per il necessario parere preventivo. L’ASUGI, tuttavia, si è limitata a richiedere un parere al Comitato Etico Unico Regionale (CEUR), al fine di determinare quale fosse la procedura da seguire nel caso di specie.

A fronte dell’inerzia dell’ASUGI la donna presenta ricorso ex art. 700 c.p.c. al Tribunale di Trieste. La Corte ribadisce che, qualora il paziente rifiuti i trattamenti sanitari necessari per la sua sopravvivenza, l’Azienda sanitaria di riferimento deve offrire, in alternativa alla sedazione palliativa profonda e alla terapia del dolore, la possibilità di porre fine alla propria vita mediante l’assunzione di farmaci che conducano ad una morte certa, rapida, indolore e dignitosa. 

La Corte, dunque, condanna l’ASUGI a ottemperare ai propri obblighi, entro un termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza, provvedendo quindi ad accertare l’integrazione delle condizioni ex sent. 242/2019. In aggiunta l’ASUGI è condannata al pagamento di 500 euro per ogni giorno di ritardo nell’adempimento.

Il 3 agosto 2023 la ASUGI trasmetteva ai legali di “Anna” la relazione della commissione medica multidisciplinare, istituita a seguito della decisione del Tribunale di Trieste, con cui si è accertata la sussistenza dei requisiti di cui alla sentenza n. 242/2019. Successivamente viene comunicato anche il parere del Comitato etico. Inoltre, ASUGI confermava che avrebbe reso disponibili gli strumenti e il farmaco necessari all’autosomministrazione, precisando che la stessa avrebbe potuto avere luogo presso l’abitazione di Anna come richiesto.

“Anna” è quindi la prima persona in Italia che ha potuto accedere alla morte volontaria interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Il caso di Massimiliano 

Tribunale di Firenze – ord. 17 gennaio 2024: questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 c.p. come modificato dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale.

Il Giudice per le indagini preliminari di Firenze ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 c.p., come modificato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 242/2029 (caso Cappato e Antoniani), nella parte in cui subordina la non punibilità di chi agevola il suicidio altrui alla circostanza che la persona che chiede di attuare il proposito suicidario sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Tale requisito, infatti, contrasterebbe con gli artt. 2, 3, 13, 32 e 117 Cost. 

Altri casi

Corte di Cassazione - sez. I pen. - sent. 31 marzo 2016, n. 1298: eutanasia e omicidio volontario  

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 9 anni e 4 mesi comminata a un uomo accusato di aver ucciso la moglie: l’uomo, imputato di omicidio aggravato, aveva confessato, dieci giorni a seguito dell’accaduto, di aver colpito la moglie con una coltellata, dopo aver tentato di ucciderla con una elevata dose di sedativo (Lexotan).

Corte d’Appello di Milano - sent. 19 agosto 2011, n. 2359: caso Liessi

La Corte d’Appello di Milano condanna l’Azienda Ospedaliera Ospedale S. Carlo Borromeo e alcuni medici dipendenti della detta struttura sanitaria, convenuti in giudizio d’appello dalla vedova Liessi, per aver sottoposto coattivamente a trasfusione di sangue il paziente Remo Liessi, ministro di culto dei Testimoni di Geova, nonostante il suo lucido e reiterato rifiuto.

Amministratore di sostegno 

Tribunale di Roma – Decreto 23 settembre 2019: rifiuto trattamenti sanitari vitali da parte dell’amministratore di sostegno in conformità alla legge 219 del 2017

Il Giudice Tutelare di Roma ha ritenuto che, qualora non vi sia contrasto tra l’amministratore di sostegno e il medico curante sull’opportunità di interrompere i trattamenti di sostegno vitale del malato incapace (art. 3 comma 5, legge n. 219 del 2017), il rifiuto dei trattamenti sanitari vitali può essere esercitato esclusivamente dall’amministratore. 

Tribunale di Cagliari - decreto 16 luglio 2016: giudice tutelare ordina interruzione trattamenti di sostegno vitale

Il Giudice tutelare del Tribunale di Cagliari, pronunciandosi sulla richiesta dell’amministratore di sostegno di W.P., malato di SLA, ha autorizzato, previa assunzione del consenso attuale di W.P. (e in caso di sopravvenuta incapacità, del suo amministratore di sostegno), l’interruzione del trattamento di sostegno vitale mediante respirazione artificiale, previa sedazione.

Corte di Cassazione sent. n. 23707/2012 – Amministratore di sostegno e DAT

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una donna che in primo e secondo grado di giudizio si era vista respingere la richiesta di nomina di un amministratore di sostegno perché la perdita di capacità era futura e meramente eventuale.

Tribunale di Cagliari - giudice tutelare, sent. 22 ottobre 2009: nomina amministratore di sostegno

Il giudice tutelare del Tribunale di Cagliari si è pronunciato sul ricorso di una donna, non affetta da alcuna patologia, che chiedeva la nomina di un amministratore di sostegno in caso di sua eventuale futura incapacità. Il ricorso viene accolto e la nomina dell’amministratore di sostegno è condizionata all’insorgenza dell’incapacità e limitata alla durata della patologia; l’incarico dell’amministratore nominato è di far rispettare le dichiarazioni anticipate di trattamento della ricorrente.

Tribunale di Modena - sent. 13 maggio 2008: nomina amministratore di sostegno pro futuro

Il giudice tutelare del Tribunale di Modena ha nominato quale amministratore di sostegno di una donna affetta da SLA il marito della paziente. Il potere-dovere di esprimere il rifiuto alla ventilazione meccanica invasiva dovrà essere esercitato in caso di incapacità della paziente e qualora la stessa non abbia espresso una volontà opposta quando ancora in coscienza.

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Autore
Rosa Signorella
Pubblicato il: Mercoledì, 23 Novembre 2016 - Ultima modifica: Giovedì, 04 Aprile 2024
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