Il Tribunale di Firenze ha ordinato all’Azienda sanitaria territorialmente competente di concludere la fase esecutiva del procedimento di suicidio medicalmente assistito attivato da una donna le cui condizioni rispettano i requisiti individuati dalla Corte costituzionale nella sentenza 242/2019.
Tribunale di Firenze – ordinanza 4329/2025 – l’Azienda sanitaria territorialmente competente deve fornire i farmaci e la strumentazione appropriata alle condizioni cliniche della paziente idonea al suicidio medicalmente assistito
15 ottobre 2025
La vicenda riguarda una donna tetraplegica a causa della sclerosi multipla di cui è affetta. La donna, costretta ad immobilità permanente e all’alimentazione artificiale che ha rifiutato, aveva chiesto di poter accedere all’aiuto medicalmente assistito.
L’Azienda sanitaria dopo un primo diniego aveva accolto la richiesta.
Tuttavia, aveva opposto il proprio rifiuto all’espletamento della fase esecutiva, addossando gli adempimenti e i relativi costi alla ricorrente, anche a causa dell’indisponibilità nel mercato della strumentazione idonea e adeguata alle peculiarità della situazione della signora. Quest’ultima, infatti, affetta da disfagia, non riuscendo ad assumere per via orale il farmaco che ne causerebbe il decesso, ha scelto la somministrazione per via endovenosa che richiede però l’intervento di un terzo, possibilità che è però vietata nel nostro ordinamento.
La signora ha quindi adito il giudice con istanza cautelare chiedendo l’accertamento del suo diritto di autodeterminarsi e di essere sottoposta alla somministrazione del farmaco letale. In pendenza di tale giudizio il Tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 579, c.p. con riferimento agli artt. 2, 3, 23 e 32, Cost. La Corte costituzionale si è espressa con la sentenza n. 132 del 2025, nella quale ha rilevato l’insufficienza delle semplici ricerche di mercato poste in essere dall’Azienda sanitaria e ha ravvisato un difetto di istruttoria. La Corte nella sentenza ha evidenziato che “qualora da rinnovata e più estesa istruttoria emergesse la reperibilità, nei tempi ragionevoli sopra indicati, di strumenti di autosomministrazione della sostanza capace di porre fine alla vita attivabili da persone nello stato clinico di XX, e qualora essi risultassero utilizzabili, nelle condizioni date, il Servizio Sanitario nazionale dovrà prontamente acquisirli e metterli a disposizione del paziente che sia stato ammesso alla procedura di suicidio medicalmente assistito.” (pagina 6)
A seguito della sentenza della Corte, il giudice a quo ha ordinato alle Amministrazioni competenti di effettuare un’istruttoria più approfondita, all’esito della quale è emersa la disponibilità sul mercato di “tecnologie assistive, come i puntatori oculari, che consentono a persone con gravi disabilità motorie di interagire con apparecchiature elettroniche e che potrebbero quindi essere utilizzate in combinazione con una pompa infusionale” che, ancorché non progettati e sviluppati per tale finalità, potrebbero essere utilizzati dai pazienti nelle condizioni cliniche dell’istante. (pagina 7)
Alla luce di questi passaggi, il giudice osserva che “verificata l’esistenza di dispositivi tecnicamente idonei marcati CE, combinabili tra di loro, ancorchè non sia disponibile sul mercato una pompa infusionale già così congegnata, il principio di effettività, di proporzionalità e necessità giustificano il dovere dell’Azienda sanitaria di fornire tali macchinari, trattandosi della soluzione che – nel bilanciamento dei contrapposti valori in gioco – meglio assicura il diritto all’autodeterminazione del paziente senza richiedere la cooperazione di un soggetto terzo (…)”. Infatti, “il compito assegnato dalla Corte costituzionale alle strutture pubbliche (…) non può esaurirsi in un controllo generico e astratto sule modalità proposte, ma deve intendersi volta anche a rendere fattivo il progetto proposto”. (pagina 12)
Il Tribunale, dunque, ravvisando la sussistenza del fumus bonis iuris – il diritto di autodeterminazione dell’istante, già accertato anche dalla Commissione medica che aveva approvato la richiesta della paziente - e del periculum in mora - lo stato e la progressione della malattia della paziente che la obbligano a condizioni di sofferenza intollerabile e che appaiono incompatibili con i tempi di un giudizio ordinario di cognizione - ordina all’Azienda Sanitaria locale territorialmente competente di fornire alla paziente i farmaci e la strumentazione individuata nel termine di 15 giorni.
Il testo completo della pronuncia è disponibile nel box download.
A questo link il nostro Dossier in tema di disciplina di fine vita in Italia.