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Corte d’assise d’appello di Milano - Caso Forzatti
24 aprile 2002

La Corte d’assise d’appello di Milano riforma la sentenza di condanna di primo grado del sig. E. Forzatti in merito all’imputazione di uxoricidio premeditato, poiché reato impossibile per inesistenza dell’oggetto, in particolare un omicidio impossibile per insufficienza della prova dell’esistenza in vita della persona che l’imputato avrebbe inteso sopprimere. Nei fatti il sig. Forzatti, rispettando la volontà precedentemente espressa dalla moglie e minacciando con un’arma da sparo (poi risultata scarica) gli operatori sanitari per tenerli lontano, aveva staccato i tubi di collegamento dell’impianto di ventilazione che la teneva in vita, provocandone così il decesso. 

Anno
2002

Il signor Forzatti si dichiarava colpevole di aver estubato la moglie, ma dichiarava di aver agito in conformità alla volontà, più volte espressa, dalla donna di non continuare una vita in condizioni di grave menomazione. Egli riteneva pertanto di aver avuto l’obbligo morale di dare pieno compimento alle convinzioni etiche della moglie. La signora Moroni, infatti, a seguito dello sviluppo di una severa malattia ematica – di cui restava ignota l’origine – e a seguito di intervento chirurgico di craniotomia reso necessario da ematomi subdurali, rimaneva in stato di coma e veniva sottoposta a ventilazione meccanica per difetto di respirazione autonoma. Presentava inoltre un elevato livello di insensibilità e assenza di riflessi cerebrali.

Dall’attività istruttoria e dall’escussione di diversi testi, esperti in tale ramo medico, la Corte ha ritenuto che il fatto che la signora Moroni versasse in stato di morte cerebrale già poco tempo dopo l’intervento, nonostante la mancanza di una documentazione formale in tal senso non potesse essere escluso.

La Corte ha ragionato nei termini che seguono: dato il quadro clinico critico e disperato della paziente, non poteva essere escluso oltre ogni ragionevole dubbio il sopraggiungere di una morte repentina, intesa in senso naturalistico, come cessazione di qualsiasi attività del tronco encefalico, nonché cardio-respiratoria, atteso che l’ultimo controllo sulle condizioni della paziente da parte dell’equipe medica si era avuto diverso tempo prima della condotta tenuta dal signor Forzatti.

Dunque, considerato il ragionevole dubbio che “plurime, gravi, incombenti ed accertate cause di morte improvvisa, in una situazione di organi quali il cervello ed il cuore (…) devastati” potessero essere sopravvenute prima dell’intervento del Forzatti, non sussistevano le condizioni che per legge sono necessarie per qualificare il fatto come omicidio: presupposto indefettibile per la configurazione del reato di omicidio è infatti l’esistenza in vita della persona fino al momento della condotta omicidiaria, esistenza in vita che nel caso di specie non risultava scientificamente e pienamente dimostrata. Agli occhi della Corte non era stato dunque sufficientemente provato il nesso di causalità tra la condotta del Forzatti e l’evento morte della Moroni.

La Corte ha invece confermato la condanna ad un anno e cinque mesi di reclusione per il reato di porto e uso di pistola contro il personale medico.

Il testo della sentenza è disponibile nel box download.

Denise Sacco
Pubblicato il: Mercoledì, 24 Aprile 2002 - Ultima modifica: Mercoledì, 29 Maggio 2019
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