Questa sezione raccoglie decisioni rese da diverse giurisdizioni, nazionali, europee e internazionali, sulle tematiche del biodiritto.

Questa sezione raccoglie decisioni rese da diverse giurisdizioni, nazionali, europee e internazionali, sulle tematiche del biodiritto.
Il Giudice per le indagini preliminari di Milano ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 c.p., come modificato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 242/2019, nella parte in cui subordina la non punibilità di chi agevola il suicidio altrui alla circostanza che la persona che chiede di attuare il proposito suicidario sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La Corte è chiamata a chiarire se possa applicarsi la fattispecie di suicidio medicalmente assistito anche nell’ipotesi in cui il paziente non fosse tenuto in vita da un trattamento sanitario vitale in quanto il trattamento offerto sia stato rifiutato dal paziente in quanto futile o inutile perché espressivo di accanimento terapeutico secondo la scienza medica e non dignitoso secondo la sensibilità e percezione del malato.
La Corte di Cassazione ha affermato che il medico di base non è titolare dell’obbligo di visita domiciliare, anche qualora i pazienti versino in condizioni tali da non potersi presentare in ambulatorio.
La Corte di Cassazione ha confermato che il singolo ha diritto all’indennizzo per i danni subiti a causa delle vaccinazioni raccomandate antimeningococciche, escludendo che tale indennizzo spetti soltanto nel caso in cui la vaccinazione rientri tra quelle obbligatorie.
La Corte Suprema ha rigettato all’unanimità l’istanza proposta da medici e associazioni anti-abortiste volta alla rimozione dal mercato nazionale del Mifepristone, uno dei due farmaci necessari per ottenere l’aborto farmacologico. Analizzando i requisiti dell’art. III della Costituzione, la Corte ha effettuato un’analisi formale della questione, rilevando la mancanza di legittimità ad agire dei ricorrenti.
Con sentenza del 5 giugno 2024, il TAR Campania ha accolto il ricorso depositato dalla madre di un bambino con disabilità, volto ad accertare il diritto del minore all'ottenimento di un insegnante di sostegno per un numero di ore adeguato ai suoi bisogni. La decisione afferma che l'amministrazione scolastica è dunque obbligata ad eseguire il Piano Educativo Individuale (PEI) mediante l'assegnazione dell'insegnante di sostegno nelle modalità e per il numero di ore indicate nel piano stesso.
Il tribunale di Lucca ha sollevato questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 8 e 9 della L. 40/2004 e all’art. 250 c.c. nella misura in cui impediscono l’attribuzione al nato nell’ambito di un percorso di P.M.A. eterologa praticata da una coppia di donne dello status di figlio riconosciuto anche dalla “madre intenzionale”.
Con l’ordinanza n. 14245 del 22 maggio 2024 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto da un medico, confermando così la decisione della Corte d’Appello di Firenze con cui veniva condannato lo stesso al pagamento di una somma a titolo di danno non patrimoniale a favore degli eredi di un paziente oncologico al quale aveva prescritto una cura alternativa alla chemioterapia. Tale terapia aveva poi causato il decesso del malato.
La Quarta Sezione Penale della Corte di cassazione ha confermato che l’accertamento relativo allo stato di ebbrezza alcolica e all’uso di sostanze stupefacenti da parte delle strutture sanitarie o strutture ad esse equiparabili può essere richiesto dagli appartenenti alle Forze dell’Ordine solo laddove ricorrano congiuntamente le due condizioni previste dall’art. 186, comma 5 del Codice della Strada, ossia i soggetti siano coinvolti in un incidente stradale e siano sottoposti a cure mediche.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un imputato condannato in secondo grado per il reato di cui all’art. 580 c.p. per aver fornito ad una donna informazioni sulla possibilità di accedere al suicidio assistito in Svizzera, escludendo dunque che tale condotta possa integrare la fattispecie criminosa di istigazione al suicidio.
La Corte di cassazione ha dichiarato che la carenza di documentazione della cartella clinica del paziente può essere un elemento per accertare il nesso causale tra la responsabilità medica e il danno cagionato al paziente.