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Consiglio di Stato - sent. 362/2025: legittimità del diniego comunale di affissione di manifesti contrari alla pillola abortiva
17 gennaio 2025

Il Consiglio di Stato respinge il ricorso proposto dall’Associazione Pro Vita & Famiglia onlus contro il Comune di Rimini, motivato dal divieto a loro rivolto di affissione di manifesti contrari alla pillola abortiva RU486. Viene, infatti, ammessa una competenza della Giunta comunale nel controllare che le comunicazioni pubblicitarie non risultino lesive dei diritti altrui o dell’ordine pubblico e possano, conseguentemente, essere diffuse a livello territoriale. 

Numero
362
Anno
2025

La controversia qui presentata attiene alla proibizione da parte del Comune di Rimini di affissione di manifesti connessi alla campagna promossa dall’Associazione Pro Vita & Famiglia Onlus al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della pillola abortiva RU486. Manifesti che - si noti - ritraggono l’immagine di una donna apparentemente priva di coscienza con una mela rossa accanto (rievocando la nota favola di Biancaneve), accompagnata dalle scritte: “Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva RU486. Mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo”.

Il ricorso presentato dall’Associazione Pro Vita & Famiglia onlus si basa su tre motivazioni principali: l’incompetenza assoluta o relativa della Giunta comunale a proibire l’affissione di manifesti; la violazione delle libertà di pensiero, religione o coscienza, in ragione della negata autorizzazione alla diffusione degli affissi; la scorretta interpretazione delle normative cui viene fatto riferimento nella motivazione di diniego (D. Lgs. nn. 145 e 146 del 2007 e Regolamento per la disciplina degli impianti di pubblicità e propaganda e degli altri mezzi pubblicitari sulle strade e sulle aree pubbliche e di uso pubblico), in quanto, secondo il ricorrente, riferite esclusivamente alla pubblicità commerciale e non alla comunicazione sociale.

Per quanto attiene il primo motivo di ricorso, inerente all’incompetenza relativa o assoluta della giunta Comunale, è necessario tenere presente che la legge riconosce, in realtà, all’amministrazione dei Comuni, in ragione di esigenze di pubblico interesse, il potere di stabilire limitazioni e divieti a particolari forme pubblicitarie.
In particolare, nel caso di specie, è stata richiesta l’affissione di messaggi pubblicitari su impianti di proprietà comunale. Al riguardo, il Regolamento del Comune di Rimini per la disciplina degli impianti di pubblicità e propaganda e degli altri mezzi pubblicitari sulle strade e sulle aree pubbliche e di uso pubblico, prevede all’art. 1 bis il divieto di installare in tutto il territorio o su impianti comunali i mezzi pubblicitari il cui contenuto sia contrario ai principi espressi dal codice di autodisciplina delle comunicazioni commerciali in merito a convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona.
Il Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, a sua volta, all’art. 46 estende la propria applicazione anche ai messaggi volti a sensibilizzare su temi di interesse sociale, vietando, inoltre, che qualsiasi di questi superi i limiti di continenza e diventi, così, fonte di turbamento per il pubblico.
In base, dunque, a questi testi legislativi, non si può riscontrare, in capo alla Giunta comunale, un vizio di competenza nel controllo del pubblico servizio di affissioni, comprensivo della verifica sul contenuto stesso delle comunicazioni.

Al contempo, non è possibile neanche individuare un’incompetenza relativa della Giunta comunale.
È vero, infatti, che la stessa gode di una competenza solo residuale in base all’art. 48 TUEL, ma è altresì vero che la giurisprudenza tende a considerare come pacificamente rientrante nelle sue facoltà l’adozione di atti d’indirizzo rispetto alla concreta gestione amministrativa, finanziaria e tecnica demandata ai dirigenti. Nel caso in esame, in effetti, si è ritenuta insufficiente l’ordinaria pertinenza di controllo dirigenziale in ragione del peculiare e complesso argomento trattato, ragion per cui si è potuto considerare del tutto legittimo l’intervento della Giunta.

Per quanto concerne il secondo motivo, invece, relativo alla lamentata violazione degli artt. 2, 3, 19 e 21 Cost.; artt. 9, 10 e 18 CEDU e art. 10 CDFUE, è necessario tenere presente che la libertà di espressione, secondo giurisprudenza maggioritaria, può essere sottoposta dall’autorità pubblica a condizioni o restrizioni, qualora si tratti di misure necessarie a proteggere l’interesse pubblico superiore e la reputazione ovvero i diritti altrui.
In particolare, una comunicazione che si avvale dei mezzi pubblicitari come quella in esame deve tenere conto di un limite di continenza espressiva ovvero del rispetto dei principi di prudenza e precauzione volti ad evitare impatti sulla sensibilità dei fruitori del messaggio e a garantirne la chiara corrispondenza al vero. Entro tale prospettiva, si esplica il potere della pubblica amministrazione di sindacare il contenuto e le modalità del messaggio che vuole essere diffuso, ferma restando la necessità che a questo potere di intervento si accompagni una ragionevole ed esaustiva motivazione che esplichi i punti di contrasto che si sono ravvisati tra la comunicazione e il rispetto di diritti altrui.

Nel caso in esame, elementi quali il paragone tra un farmaco, approvato dal Ministero della Sanità, ed un veleno, l’utilizzo di un'immagine raffigurante una donna priva di sensi o la scelta linguistica (“uccide il figlio in grembo”) appaiono idonei a veicolare un messaggio fuorviante e di tenore perentorio. Per tale ragione, si mostra come sufficientemente giustificato il diniego di affissione da parte del Comune di Rimini.

In ultimo, con il terzo motivo, si lamenta una scorretta interpretazione delle normative di cui nella giustificazione del diniego, in ragione, nell’ottica del ricorrente, di una loro esclusiva attinenza a pratiche di tenore commerciale.
Al riguardo, il Consiglio di Stato nota, però, come la Giunta Comunale non si sia esclusivamente riferita ai D. Lgs. nn. 145 e 146 del 2007, di per sé pertinenti rispettivamente alla pubblicità ingannevole e alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, ma abbia operato rinvio anche al già citato Regolamento comunale per la disciplina degli impianti di pubblicità e propaganda e degli altri mezzi pubblicitari sulle strade e sulle aree pubbliche e di uso pubblico. In tale testo, si propone una generale disciplina della comunicazione pubblicitaria, che si riferisce - come fatto palese dal richiamo del Codice di autodisciplina - ad ogni tipo di comunicazione destinata a veicolare messaggi, compresi quelli volti a sensibilizzare il pubblico su temi di interesse sociale.
È evidente, dunque, l’estensione applicativa delle normative anche a casi come quello oggetto di controversia.

In conclusione, quindi, il Consiglio di Stato, analizzati e contestati tutti i motivi del ricorso, lo respinge, dichiarando legittimo il diniego di affissione dei manifesti contrari alla pillola abortiva effettuato dalla Giunta comunale di Rimini.

Il testo completo della sentenza è disponibile a questo link e nel box download.

Agata Borghi
Pubblicato il: Venerdì, 17 Gennaio 2025 - Ultima modifica: Mercoledì, 05 Marzo 2025
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