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Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (I sez. civ.) - ord. 27 gennaio 2021: è possibile usare gli embrioni crioconservati contro la volontà dell’ex partner
27 gennaio 2021

Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, con l’ord. 27 gennaio 2021, ha rigettato il reclamo avverso l’ord.11 ottobre 2020, autorizzando così l’impianto degli embrioni crioconservati prima della separazione della coppia, anche contro la volontà dell’ex marito.

Numero
ordinanza 27 gennaio 2021
Anno
2021

Nel 2018, una coppia campana decide di accedere alla PMA presso una clinica romana. L’impianto degli embrioni risultanti dalla fecondazione non ha però luogo, a causa di un problema di salute della donna. I quattro embrioni sani che erano stati prodotti vengono crioconservati presso la clinica romana e in seguito trasferiti presso un’altra clinica a Caserta, con l’intento di procedere all’impianto appena possibile.

Nel settembre del 2019, i coniugi decidono, però, di separarsi.

Nonostante la separazione, la donna vuole comunque procedere con l’impianto degli embrioni risultanti dalla fecondazione in vitro, quindi chiede all’ex partner il consenso per il loro scongelamento, ma il consenso le viene negato.

La donna richiede al Tribunale, con ricorso d’urgenza, di ordinare alla clinica di procedere all’impianto, nonostante la mancanza del consenso dell’ex marito.

Il giudice del tribunale di S. Maria Capua Vetere, con ordinanza dell’11 ottobre 2020, accoglie il ricorso d’urgenza, ordinando alla clinica di “procedere con l’inserimento in utero degli embrioni crioconservati ed in custodia sulla persona della ricorrente” (P.Q.M 1°, pg. 11 ordinanza cautelare).

L’ex marito promuove reclamo, che viene però rigettato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, prima sezione civile.

Il Tribunale, ricostruendo la ratio della legge n. 40/2004, rileva che la norma ha, tra gli scopi, quello di tutelare il diritto alla vita del concepito (art. 1), e per farlo, stabilisce l’irrevocabilità del consenso dopo l’avvenuta fecondazione (art. 6).

La Corte ripercorre, quindi, l’analisi eseguita dal giudice di prime cure sul tema del consenso alla PMA, disciplinato dall’art. 6 della l.40/2004, il cui terzo comma ne sancisce l’irrevocabilità dopo la fecondazione.

Il Tribunale si premura di evidenziare il collegamento tra l’articolo citato e l’art. 8 della stessa legge, il quale attribuisce alla “volontà manifestata, irrevocabile, funzione determinativa della maternità, della paternità e dello status di figlio” (ordinanza cautelare, pg.5). Da questa lettura, si deve escludere che fatti e comportamenti avvenuti successivamente alla fecondazione dell’ovulo abbiano rilevanza: “la procreazione medicalmente assistita comporta un’autonoma e irreversibile determinazione della maternità, della paternità […] fin dal momento della fecondazione dell’ovulo” (ordinanza cautelare pg. 6).

Il ricorrente lamentava, in relazione al consenso, l’incostituzionalità dell’art.6, co. 3, della l. 40/2004, sostenendo che il consenso dovesse sussistere in tutte le fasi del trattamento sanitario, da parte di tutti e due i coniugi e che questa incostituzionalità ledesse il suo diritto alla “non paternità”.

Dagli elementi di fatto, risulta che entrambe le parti hanno reso il proprio consenso all’inizio della terapia e che la fecondazione in vitro è avvenuta sul presupposto del consenso informato espresso dalla coppia al momento dell’accesso alla procedura. Sul punto, viene richiamata la giurisprudenza costituzionale (151/2009, 229/2015, 162/2014), che sancisce la necessaria tutela dell’embrione, fondata nell’art. 2 della Costituzione e che può trovare limitazioni solo in casi di conflitto con altri interessi costituzionali, quali il diritto alla salute della donna.

Il giudice, ricordando anche il diverso grado di tutela che l’embrione incontra negli ordinamenti europei (come sottolineato dalla Corte EDU nel caso Evans v. Uk), afferma che “deve ritenersi prevalente il diritto dell’embrione a nascere e il diritto alla tutela delle esigenze alla procreazione rispetto al diritto del genitore”. Questo punto viene confermato anche dal Tribunale che decide il reclamo presentato dall’uomo.

Sulla separazione a seguito della fecondazione, il Tribunale conferma quanto rilevato dal giudice di prime cure: chi dà il consenso per accedere alla PMA assume anche diritti ed obblighi genitoriali. Viene in evidenza come siano ininfluenti i comportamenti e gli eventi verificatisi dopo la fecondazione degli ovociti: “lo stato di separazione dei coniugi non può porsi, infatti, sullo stesso piano di quello del genitore single o della coppia omosessuale”.

Il Tribunale specifica, inoltre, che il consenso in ambito sanitario è un assenso al trattamento che, normalmente, può essere revocato, ma che, in casi particolari, può essere dichiarato irrevocabile dal legislatore-come nel caso della PMA.

Il consenso dato dalla coppia presso la clinica romana estende i suoi effetti anche nei confronti della diversa struttura incaricata di proseguire la pratica medica.

 

I testi delle due ordinanze sono disponibili nel box download.

Valentina Falanga
Pubblicato il: Mercoledì, 27 Gennaio 2021 - Ultima modifica: Giovedì, 12 Settembre 2024
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