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Tribunale di Milano - sent. 11475/2015: parto anonimo
14 ottobre 2015

Secondo il Tribunale di Milano, non è ammissibile la dichiarazione giudiziale di maternità nei confronti di una donna che ha dichiarato al momento del parto di non voler essere nominata nel certificato di nascita del figlio.

Numero
11475
Anno
2015

La decisione si colloca nell’ambito di un giudizio civile promosso da una donna maggiorenne, che conveniva in giudizio la propria madre biologica, che alla nascita aveva dichiarato di non voler essere nominata nel certificato di nascita. La ricorrente chiedeva di essere dichiarata figlia naturale della convenuta ai sensi dell’art. 269 c.c., con conseguente condanna al pagamento delle somme dovute dal momento della nascita a titolo di arretrati di mantenimento e, per il futuro, di assegno mensile. In via subordinata, nell’impossibilità di declaratoria giudiziale di maternità, chiedeva che fosse accertato il diritto al mantenimento.

Il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso e dichiarato la domanda infondata.

I giudici ricordano che nel nostro ordinamento è espressamente previsto il diritto della madre a non essere nominata nell’atto di nascita del figlio. «Il fondamento costituzionale di tali disposizioni, come chiarito dalla Corte Costituzionale, riposa sull’esigenza di tutelare la gestante che versi in situazioni particolarmente difficili dal punto di vista personale, economico o sociale ed abbia deciso di non tenere con sé il bambino, offrendole la possibilità di partorire in una struttura sanitaria appropriata e di mantenere al contempo l’anonimato nella conseguente dichiarazione di nascita. In tal modo si intende, da un lato, assicurare che il parto avvenga in condizioni ottimali sia per la madre che per il figlio, dall’altro, distogliere la donna da “decisioni irreparabili” per quest’ultimo ben più gravi (Corte Cost. n. 425/2005)».

Tale disciplina prevedeva anche l’irreversibilità dell’anonimato della madre, tanto da precludere il diritto del figlio, una volta divenuto maggiorenne, a conoscere le proprie origini. Si tratta di un aspetto sul quale è intervenuta dapprima la Corte EDU nel 2012, nella sentenza Godelli v. Italia e poi, nuovamente, la Corte costituzionale con la sentenza 278/2013. Entrambe le pronunce «hanno censurato la “cristallizzazione” e l’”immobilizzazione” del diritto della madre, ed il fatto che non siano presenti strumenti che consentano di indagare la perdurante attualità dalla scelta della madre trascorsi numerosi anni dalla sua espressione». La Corte costituzionale, in particolare, ha confermato che il diritto all’oblio della madre e il diritto del figlio a conoscere le proprie origini devono trovare un adeguato punto di equilibrio.

Diversamente dai casi affrontati dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Strasburgo, il caso oggetto del giudizio da parte del Tribunale di Milano insiste, invece, su un profilo diverso: ossia il diritto ad ottenere lo status di figlio riconosciuto nei confronti della propria madre, cui consegue il riconoscimento – in capo al genitore – di tutti i doveri e gli obblighi connessi al rapporto di filiazione. «Diversi sono pertanto, nel caso di specie, i diritti in gioco: il diritto alla vita ed alla salute di madre e figlio, indirettamente sottesi alla facoltà della madre di rimanere anonima, ed il diritto del figlio, nel caso di specie maggiorenne ma incapace, ad essere mantenuto. Il necessario bilanciamento dei suddetti diritti non può che essere effettuato con la necessaria prevalenza del primario diritto alla vita».

Secondo il Tribunale, quindi, la conclusione non può che essere per il rigetto delle richieste dell’attrice.

Il testo della sentenza è disponibile nel box download.

 

CASI CORRELATI E PRECEDENTI

Il Tribunale per i Minorenni di Trieste ha accolto la richiesta di una signora nata da una donna che aveva scelto di non essere nominata al momento del parto, di accedere alle informazioni circa l’identità della propria madre biologica. Con ordinanza dell’8 maggio 2015, il Tribunale per i minorenni di Trieste, con un articolato provvedimento, chiude il caso Godelli, che aveva portato la questione della ricerca delle proprie origini innanzi alla Corte Europea dei diritti dell'uomo.

Il 12 novembre 2014, in un reclamo avverso un decreto del Tribunale dei minorenni di Catania, relativo alla richiesta di informazioni ex art. 28 legge 184/1983, la Corte d’Appello di Catania ha confermato l’esistenza del diritto dell’adottato ad accedere ai dati della madre naturale, come venutosi a configurare a seguito della sentenza della C. cost., n. 278/2013 e della sentenza della Corte EDU nel caso Godelli c. Italia.

La Corte d’Appello di Torino, sezione speciale per i minorenni (5 novembre 2014), ha rigettato il reclamo di donna che chiedeva di avere accesso alle informazioni circa l’identità della madre biologica, che non aveva voluto essere nominata al momento del parto e nel frattempo deceduta: il decesso non costituisce revoca implicita dell’anonimato.

Corte costituzionale, sentenza n. 278/2013: Nel giudizio di legittimità costituzionale di una disposizione della legge sulle adozioni, la Corte ha sancito l'illegittimità costituzionale parziale dell'art. 28, co. 7, della l. n. 184/1983, nella parte in cui esclude la possibilità di autorizzare la persona adottata all’accesso alle informazioni sulle origini senza avere previamente verificato la persistenza della volontà di non volere essere nominata da parte della madre biologica.

Il 25 settembre 2012, nel caso Godelli c. Italia, la Corte EDU ha dichiarato che le disposizioni legislative italiane (art. 28, co. 7 della legge sulle adozioni), che tutelano l'anonimato della madre biologica in caso di parto in una struttura pubblica e abbandono del figlio, lasciato in adozione, violano l'art 8 CEDU.

Lucia Busatta
Pubblicato il: Mercoledì, 14 Ottobre 2015 - Ultima modifica: Mercoledì, 12 Giugno 2019
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