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Tribunale di Trieste - Tribunali per i Minorenni - decreto 8 maggio 2015: parto anonimo e diritto a conoscere le proprie origini
8 maggio 2015

Il Tribunale per i Minorenni di Trieste ha accolto la richiesta di una signora nata da una donna che aveva scelto di non essere nominata al momento del parto e data in adozione, di accedere alle informazioni circa l’identità della propria madre biologica. Con ordinanza dell’8 maggio 2015, il Tribunale per i minorenni di Trieste, con un articolato provvedimento, chiude il caso Godelli, che aveva portato la questione della ricerca delle proprie origini innanzi alla Corte Europea dei diritti dell'uomo.

Anno
2015

Riportiamo di seguito una sintesi della pronuncia e il riferimento ai precedenti e casi simili. Il testo completo dell’ordinanza è disponibile nel box download (fonte: Questione Giustizia).

Una signora, nata nel 1943 da una donna che aveva scelto di non essere nominata al momento del parto, aveva adito il Tribunale dei minorenni chiedendo di conoscere l'identità della propria madre biologica. L'istanza veniva inizialmente presentata nel 2007. A fronte del rigetto della richiesta sia da parte del Tribunale per i minorenni sia da parte della Corte d'Appello, veniva presentato un ricorse alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Godelli c. Italia). Sulla base della sentenza della Corte Edu e della pronuncia della Corte costituzionale n. 278/2013, la donna presentava una nuova istanza al Tribunale per i minorenni di Trieste.

Il Tribunale incaricava la polizia giudiziaria di svolgere, nel massimo riserbo, le indagini volte a rintracciare la madre biologica della ricorrente, al fine di accertare la volontà della medesima a mantenere o meno il proprio anonimato. Nel marzo 2015 i Carabinieri accertavano l’avvenuto decesso della donna.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è pronunciata sulla compatibilità con la Convezione (in particolare, con l’art. 8 CEDU) del quadro normativo italiano che, nel caso di parto anonimo escludeva il diritto dell’adottato a conoscere l’identità della madre biologica: il giudice di Strasburgo ha rilevato una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare da parte della legisalzione italiana, che non prevedeva un adeguato bilanciamento tra il diritto alla riservatezza della madre e il diritto del figlio a conoscere le prorpie origini. Il caso sul quale il Tribunale dei Minorenni di Trieste è chiamato a pronunciarsi è stato quello che ha dato origine alla sentenza della Corte EDU, Godelli c. Italia nel 2013.

Con la sentenza n. 278/2013, la Corte costituzionale mutava il proprio orientamento circa la legittimità costituzionale della disposizione di cui all’art. 28, co. 7, della legge n 184/1983.

Il Tribunale dei minorenni è dunque chiamato a risolvere, in concreto il bilanciamento tra diritti individuato dalla Corte di Strasburgo e dalle Corte costituzionale:

«Ne discende in primo luogo che sia il diritto alla riservatezza, all’oblio della madre biologica, alla salvaguardia della stessa vita della madre e del figlio neonato, sia il diritto all’identità personale del figlio, alla ricerca delle proprie radici, ad ottenere le informazioni necessarie alla scoperta della verità concernente un aspetto importante della propria identità personale, quale l’identità dei genitori hanno pari rango costituzionale e dignità, quali diritti inviolabili dell’uomo, tutelati da uno dei principi supremi dell’ordinamento, l’art.2 Cost., nei confronti della pubblica autorità ma anche di altri privati; sono diritti della personalità, essenziali, dal momento che tutelano le ragioni fondamentali della vita e dello sviluppo fisico e morale della persona, originario innati, acquistandosi in seguito alla nascita oda mutamento di status e indipendentemente da un qualsiasi atto di trasferimento, non patrimoniali, non essendo apprezzabili economicamente, personalissimi, avendo ad oggetto un modo di essere della persona, sono collegati ad essa in maniera inscindibile, assoluti, come tali opponibili erga omnes, nei confronti cioè di qualsiasi appartenente alla collettività a prescindere dall’esistenza di un rapporto giuridico, subendo limiti unicamente allorché vengano a configgere con altri diritti assoluti della personalità, appartenenti a soggetti diversi, nel qual caso occorre far ricorso al principio del contemperamento ed il paradigma della comparazione degli interessi in conflitto, utilizzato nell’ambito della clausola generale del danno ingiusto di cui all’art.2043 cod. civ.».

Per svolgere in concreto il bilanciamento, il Tribunale deve dunque accertare la volontà della madre biologica a mantenere o meno il proprio anonimato e, alla luce dell’esito di tale accertamento, risolvere l’istanza della ricorrente. La modalità concreta per svolgere questo accertamento è stata individuata nella convocazione della madre biologica, per comunicazioni orali, presso la sede locale dei servizi sociali, alla presenza del solo giudice onorario del Tribunale dei minorenni. Durante il colloquio, il giudice onorario informa la donna del fatto che il figlio partorito desidera conoscere la propria identità e chiede alla medesima se intenda mantenere ancora l’anonimato. Se la donna non dà il proprio consenso, il giudice onorario si deve limitare a riferirlo per iscritto al Tribunale, senza redigere verbale. In alternativa, è possibile concedere alla donna un congruo termine di riflessione e fissare un nuovo appuntamento. Se invece la donna decide di prestare il proprio consenso alla rivelazione dell’identità verrà fatto redigere apposito verbale, sottoscritto anche dall’interessata.

Nel caso concreto, tuttavia, la madre biologica risulta deceduta. Tale eventualità non è presa in considerazione né nella sentenza Godelli della Corte EDU, né nella pronuncia n. 278/2013 della Corte costituzionale.

Secondo il Tribunale dei Minorenni di Trieste: «in caso di morte della madre biologica viene meno il potenziale conflitto tra i due diritti assoluti della personalità, appartenenti a soggetti diversi, quello all’anonimato della madre e quello del figlio a conoscere le proprie origini ai fini della tutela dei suoi diritti fondamentali, cadendo così la necessità di ricorrere al principio del contemperamento ed alla comparazione degli interessi in conflitto, per lasciare che possa avere piena espansione l’unico diritto fondamentale persistente. Con la sua morte, infatti, si estingue anche il diritto all’oblio, alla riservatezza, in ultima analisi alla salute psicofisica di cui è titolare la genitrice biologica, diritto personalissimo, nient’affatto patrimoniale, indisponibile, intrasmissibile, privo perciò, a causa della strettissima inerenza a rispetto al soggetto che ne è titolare, di ogni possibilità di essere trasmesso ad altri soggetti; di qualsiasi capacità rappresentativa esterna; il diritto all’anonimato della genitrice biologica coinvolge unicamente la sfera personale della medesima, attinente in particolare allo svelamento della propria maternità, ma non anche lo status del figlio, ormai perfezionato con l’adozione legittimante o, nell’ipotesi sub iudice, acquisito con l’affiliazione, senza, dunque, che possa venire in alcun modo implicata la sfera patrimoniale della madre deceduta, come peraltro rimarcato anche dalla Corte europea nella sentenza Odievre vs Francia e dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 278/2013».

In altre parole, non sussistendo più due interessi contrapposti, viene meno per il giudice la necessità di operare un bilanciamento. Viene altresì esclusa l’applicabilità al caso di specie dell’art. 93 del d.lgs. 196/2003, in relazione all’accesso ai dati clinici e sanitari: il decorso di cento anni per la rivelazione dell’identità della donna partoriente è una norma troppo rigida e, se applicata al caso di specie, vanificherebbe la portata del diritto del figlio a conoscere le proprie origini.

Il Tribunale accoglie, quindi, la richiesta della signora Godelli di accedere alle informazioni circa l’identità della propria madre biologica.

CASI CORRELATI E PRECEDENTI

Il 12 novembre 2014, in un reclamo avverso un decreto del Tribunale dei minorenni di Catania, relativo alla richiesta di informazioni ex art. 28 legge 184/1983, la Corte d’Appello di Catania ha confermato l’esistenza del diritto dell’adottato ad accedere ai dati della madre naturale, come venutosi a configurare a seguito della sentenza della C. cost., n. 278/2013 e della sentenza della Corte EDU nel caso Godelli c. Italia.

La Corte d’Appello di Torino, sezione speciale per i minorenni (5 novembre 2014), ha rigettato il reclamo di donna che chiedeva di avere accesso alle informazioni circa l’identità della madre biologica, che non aveva voluto essere nominata al momento del parto e nel frattempo deceduta: il decesso non costituisce revoca implicita dell’anonimato.

Corte costituzionale, sentenza n. 278/2013: Nel giudizio di legittimità costituzionale di una disposizione della legge sulle adozioni, la Corte ha sancito l'illegittimità costituzionale parziale dell'art. 28, co. 7, della l. n. 184/1983, nella parte in cui esclude la possibilità di autorizzare la persona adottata all’accesso alle informazioni sulle origini senza avere previamente verificato la persistenza della volontà di non volere essere nominata da parte della madre biologica.

Il 25 settembre 2012, nel caso Godelli c. Italia, la Corte EDU ha dichiarato che le disposizioni legislative italiane (art. 28, co. 7 della legge sulle adozioni), che tutelano l'anonimato della madre biologica in caso di parto in una struttura pubblica e abbandono del figlio, lasciato in adozione, violano l'art 8 CEDU.

Lucia Busatta
Pubblicato il: Venerdì, 08 Maggio 2015 - Ultima modifica: Martedì, 11 Giugno 2019
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