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UK - Court of Protection - Lindsey Briggs v. Paul Briggs & Others: interruzione trattamenti medici vitali e soggetto incapace in stato di minima coscienza
20 dicembre 2016

La Court of Protection, sulla base del Mental Capacity Act 2005, dispone l’interruzione di idratazione e nutrizione artificiali per un soggetto in stato di minima coscienza, incapace di esprimere il proprio consenso.La Corte conferma la applicabilità del “best interest test” come nel precedente Aintree University Hospitals NHS Trust v James [2013] UKSC 67, precisandone tuttavia alcuni aspetti in ragione delle particolari condizioni cliniche del soggetto.

Numero
[2016] EWCOP 53
Anno
2016

Paul Briggs era stato vittima di un incidente stradale, in seguito al quale si trovava in uno stato di minima coscienza. Egli era altresì sottoposto a trattamenti intensivi, tra cui nutrizione ed idratazione artificiali. Dato lo stato di incoscienza e la assenza di advanced decision, la moglie di Briggs aveva presentato alla Court of Protection richiesta di sospensione del trattamento, nella convinzione che ciò fosse espressione dei desideri del marito. I medici curanti di Mr Briggs, rappresentato in giudizio dall’ Official Solicitor, si erano opposti alla sospensione, essendo convinti della possibilità di un parziale recupero.

Il giudice chiarisce che la questione che è chiamato a decidere non sia tanto se il paziente debba vivere o morire, quanto piuttosto se sia nel suo miglior interesse continuare a ricevere un trattamento vitale che egli potrebbe, se fosse in stato di capacità, rifiutare. Viene ribadito, infatti, che esiste una sostanziale differenza tra “the continued lawfulness of life-sustaining treatment” e “the taking of a positive step (by act or omission) to cause the death of another person”.

La situazione clinica del signor Briggs era stabile e, dunque, il tema centrale della decisione riguarda il bilanciamento tra la presunzione per la preservazione della vita, da un lato, e la garanzia del diritto all’autodeterminazione di un soggetto incapace di esprimere il consenso, in assenza di dichiarazioni anticipate, dall’altro lato. Infatti, nel caso in cui fossero state disponibili advanced decision del paziente, non sarebbe stato necessario ricorrere al giudice per determinare il best interest del paziente in relazione alla prosecuzione o all’interruzione dei trattamenti.

Il giudice afferma la applicabilità del “best interest test” con un “approccio olistico”, così come delineato dalla Supreme Court in Aintree University Hospitals NHS Trust v James. In base a tale test, è nel miglior interesse della persona che non ha la capacità di esprimere il proprio consenso decidere per la prosecuzione o l’interruzione dei trattamenti dopo un’accurata ponderazionedell’intera situazione del paziente, anche alla luce dei suoi convincimenti: «it is in the best interests of a person who lacks capacity that life-sustaining treatment should not be carried out or continued on them on the basis of the weight it gives to a conclusion that this is what he or she would have wanted and decided if they had not specifically considered the position they are now in following their loss of capacity or factors relating to it».

Secondo il giudice, l’assenza di advanced decision non può essere considerata quale prova implicita di un favor della persona per la conservazione della vita (§68). Tuttavia, egli ribadisce che la “default position” per un soggetto incapace “is founded on the sanctity of life”.

Perciò, affinché si possa disporre diversamente, occorre una “close and detailed analysis which founds a compelling and cogent case that this is what the particular P[atient] would have wanted and decided and so considered to be in his or her best interests”. Come affermato dalla Corte Suprema in Aintree University Hospitals NHS Trust v James, per applicare correttamente il Mental Capacity Act e realizzare il best interest del paziente, è necessario ricostruire quella che sarebbe stata la decisione del paziente stesso se avesse avuto la possibilità di esprimere il proprio consenso (§ 54).

Il giudice ribadisce che la Corte, con riferimento alla analisi di “views, wishes, feelings and motivation” del soggetto in applicazione del best interest test, non potrà mai considerare un “desire to bring about […] death”, sebbene un soggetto non incapace potrebbe farlo, nei limiti in cui questo desiderio si esprimesse nel semplice rifiuto di un trattamento(§94).

Terminata l’istruttoria, alla luce della clinical evidence depositata in giudizio e delle testimonianze dei familiari di Paul Briggs, il giudice dispone che la sospensione del trattamento di nutrizione ed idratazione artificiale sia nel best interest del paziente, perché ciò realizza quella che sarebbe stata la volontà del paziente, nel rispetto del principio di autodeterminazione: «This means that the court is doing on behalf of Mr Briggs what he would have wanted and done for himself in what he thought was his own best interests if he was able to do so».

Il testo completo della decisione è disponibile nel box download.

Andrea Martani
Pubblicato il: Martedì, 20 Dicembre 2016 - Ultima modifica: Lunedì, 24 Giugno 2019
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