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Tribunale di Milano - sent. 15 ottobre 2013: maternità surrogata all'estero ed improcedibilità del reato di alterazione di stato
15 ottobre 2013

Il Tribunale di Milano ha assolto una coppia di cittadini italiani che erano stati imputati del reato di alterazione di stato dopo essere rientrati in territorio italiano con un neonato partorito a seguito di surrogazione di maternità in Ucraina (con fecondazione eterologa).

Anno
2013

I giudici milanesi, analogamente a quanto stabilito dal Tribunale di Trieste alcuni mesi fa, hanno escluso che si possa configurare il reato di alterazione di stato ex art. 567, co. 2 c.p. nel caso in cui l’atto di nascita si sia formato validamente in base alla legge dello Stato in cui il bambino è nato.

Gli imputati si erano rivolti ad una clinica di Kiev, in Ucraina, per sottoporsi a tecniche di procreazione medicalmente assistita (fecondazione eterologa) e per avere accesso alla maternità surrogata. Come previsto dalla legge Ucraina, alla nascita del bambino, l’ufficiale di stato civile, a fronte del consenso prestato dalla gestante terza, forma l’atto di nascita indicando la coppia italiana come genitori del neonato. L’atto, tradotto in lingua italiana e autenticato, è suscettibile di dispiegare i propri effetti anche nell’ordinamento italiano.

Gli imputati, per sollecitare la trascrizione dell’atto in Italia, avevano simulato nei confronti dell'autorità consolare una gravidanza naturale.

Secondo la quinta Sezione del Tribunale di Milano l’atto di nascita era conforme alla lex loci (quella ucraina) e ciò sarebbe conforme a quanto previsto dall'art. 15 del Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile (d.P.R. 396/2000), a norma del quale le dichiarazioni di nascita effettuate da cittadini italiani all'estero «devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo alle autorità competenti».

Il limite dell’ordine pubblico, posto dall’art, 18 del medesimo d.P.R., varrebbe eventualmente ad inibire li trascrizione in Italia del’atto formato all’estero, ma non inciderebbe sulla consumazione del reato in oggetto.

In conclusione, il fatto presenta gli elementi costitutivi del reato di false dichiarazioni ad un pubblico ufficiale su qualità personali destinate ad essere recepite in atti dello stato civile (art. 495 c.p.), un reato comune commesso all’estero, punito con pena minima inferiore ai tre anni, in ordine al quale l’azione risulta improcedibile.

Testo della sentenza e sintesi più ampia a questo link (fonte: diritto penale contemporaneo).

Nel box download una nota alla sentenza redatta dalla dott.ssa Francesca Re, Dottore di Ricerca in Diritto Penale presso l’Universita’ di Roma Tor Vergata, membro di giunta dell'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

Marta Tomasi
Pubblicato il: Martedì, 15 Ottobre 2013 - Ultima modifica: Giovedì, 06 Giugno 2019
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