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Tribunale della Spezia – decreto 4 marzo 2020: nessun poter all'AdS a esprimere la volontà di contrarre matrimonio in luogo dell’assistito in coma
4 marzo 2020

L’amministratore di sostegno non può essere autorizzato in nome e per conto del beneficiario in coma a contrarre matrimonio, nemmeno se quest’ultimo conviveva da anni con la compagna e aveva manifestato più volte la sua intenzione di sposarsi.

Anno
2020

Nel caso in esame, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno viveva da cinque anni con la sua compagna (con la quale era impegnato in una stabile relazione affettiva da oltre dieci anni) e aveva più volte manifestato in passato il desiderio di sposarla, senza però dar seguito a nessuna delle attività preliminari, come la richiesta di pubblicazioni matrimoniali o la scelta della data del ricevimento. Il beneficiario è totalmente incosciente e incapace di esprimere una genuina volontà (diagnosi di “coma e i.r.a. in paziente con emorragia cerebrale”), per cui nel ricorso si chiede al giudice di attribuire all’AdS il potere di esprimere il consenso in luogo e per conto dell’interessato.

Il giudice tutelare della Spezia respinge il ricorso per i motivi che seguono.

-          Pur constatando che il divieto di contrarre matrimonio, previsto all’art. 85 del c.c., per l’interdetto, non è direttamente applicabile anche nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno ma deve appunto essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravità (cfr. Cass. civ., n.11536/2017, n. 12460/2018), è comunque da sottolineare che “l’eventuale divieto può essere disposto a fronte di una totale incapacità di intendere e di volere del soggetto oppure laddove egli non sia in grado di soppesare le conseguenze della scelta [...]” (pag.2): situazione, questa, del soggetto del ricorso in esame.

-          Nonostante la Legge 219/2017 autorizzi il compimento di determinati atti da parte dell’amministratore di sostegno in sostituzione del soggetto incapace, si tratta tuttavia del consenso a trattamenti sanitari che, secondo il giudice adito, presentano tratti necessariamente diversi dall’atto del matrimonio.

-          È da considerarsi inoltre che il matrimonio della persona incapace è impugnabile ai sensi dell’art. 120 c.c., sul solo presupposto dell’incapacità del nubendo (senza che sia necessario dimostrare il pregiudizio dell’atto o la mala fede dell’altro coniuge) da intendersi quale “condizione psico-patologica che toglie alla persona l’attitudine a intendere il reale significato dei propri atti [...]” (pag.4).

-          Il caso in esame non integra infine le particolari fattispecie previste né all’art. 111 c.c. ‘Celebrazione per procura’, dal momento che non si è in presenza di dipendenti delle forze armate che si trovano in tempo di guerra, né di situazioni in cui oltre ad un nubendo che risiede all’estero concorrono gravi motivi, e né all’art. 101 c.c. ‘Matrimonio in imminente pericolo di vita’ dal momento che quest’ultima fattispecie richiede, pur omesse tutte le fasi preliminari della celebrazione, una manifestazione di volontà del nubendo.

Queste osservazioni e la necessità di tutelare la particolare situazione di fragilità in cui si trova il soggetto, incapace di manifestare “un consenso libero, pieno, effettivo e consapevole” (pag.2) ad un atto personalissimo, quale quello di contrarre matrimonio, hanno portato il Tribunale a concludere per il rigetto dell’istanza.

 

Il testo della sentenza è disponibile nel box download.

Rosa Signorella
Pubblicato il: Mercoledì, 04 Marzo 2020 - Ultima modifica: Lunedì, 23 Novembre 2020
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