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Corte costituzionale – sent. n. 69/2025 - infondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione che preclude l’accesso alla PMA alle donne singole
22 maggio 2025

La Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale relative all’art. 5 della l. 40/2004 che, prevedendo che possano accedere alla procreazione medicalmente assistita (PMA) solo le coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi, ne preclude l’accesso alle donne singole.

Numero
69
Anno
2025

Le questioni sono state sollevate nell’ambito di un procedimento pendente dinanzi al Tribunale di Firenze, adito da una signora a seguito del diniego da parte di una clinica a fornire accesso alla PMA in quanto donna singola.

Il giudice a quo ritiene che la disposizione violi l’art. 2 Cost. poiché lederebbe “«[la] libertà di autodeterminazione con riferimento alle scelte procreative»” (punto 2.1, in diritto) e, dunque, anche il più ampio diritto di autodeterminazione in relazione alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU per il tramite dell’art. 117 Cost.
Inoltre, ponendosi in contrasto con l’art. 3 Cost. e 14 CEDU, quest’ultimo mediante l’art. 117 Cost., determinerebbe una duplice disparità di trattamento, da un lato tra coppie e donne singole e dall’altro anche tra le stesse donne singole dato che non tutte hanno le possibilità economiche per poter sostenere le spese economiche necessarie al fine di accedere alla PMA in uno stato dove non vi sono tali preclusioni.

La Corte, anzitutto, chiarisce la ratio della legge, che è finalizzata a “porre rimedio ai «problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana» (art. 1, comma 1)“, e alla quale in passato si è orientata nei numerosi interventi giurisprudenziali - brevemente ripercorsi al punto 6 - che hanno contribuito a definirne l’attuale assetto (punto 6.1, in diritto).

In merito alle censure concernenti gli artt. 2 e 117 Cost., quest’ultimo con riferimento all’art. 8, CEDU, la Corte rileva che non vi siano impedimenti costituzionali affinché il legislatore riconosca l’accesso alle tecniche di PMA a nuclei familiari diversi da quelli individuati dalla legge 40/2004. Tuttavia, riconosce che l’opportunità la scelta di ammetterne o precluderne l’accesso spetti al legislatore, mentre al giudice costituzionale compete unicamente il vaglio attinente alla manifesta irragionevolezza e sproporzione della scelta.

Alla luce del principio di precauzione nell’interesse dei futuri nati, che impone di tutelare questi ultimi, considerato che nascerebbero “in un contesto che a priori implica l’esclusione della figura del padre”, la decisione del legislatore di limitare “l’autodeterminazione procreativa, ascrivibile in pari tempo alla tutela della vita privata” non appare manifestatamente irragionevole e sproporzionata (punto 10.1, in diritto).

Infine, la Corte asserisce che la disciplina censurata non configura una disparità di trattamento tra coppie eterosessuali e donne singole in quanto non sono categorie omogenee e non richiedono il medesimo trattamento.
A tal proposito, in riferimento all’asserita violazione dell’art. 14 CEDU, richiama la sentenza Gas e Dubois contro Francia in cui la Corte EDU sostiene che “se una legge nazionale riserva tali tecniche a coppie eterosessuali sterili o non fertili, attribuendo loro una finalità terapeutica, non può simile scelta essere considerata fonte di una discriminazione di chi naturaliter non può procreare, in quanto le situazioni poste a confronto non risultano paragonabili alla luce della ratio della disciplina” (punto 12.1, in diritto).
Allo stesso tempo l’eventuale disparità di trattamento tra donne singole abbienti e non abbienti si configura quale “naturale conseguenza della presenza di legislazioni straniere che dettano differenti regole” e che consentono di eludere il divieto, ma questo “non può costituire una valida ragione per dubitare della sua conformità a Costituzione» (punto 12.2, in diritto).

Pertanto, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge 40/2004.

Il testo completo della sentenza è disponibile al seguente link e nel box download.

Sul tema:

Ilaria Zanotto
Pubblicato il: Giovedì, 22 Maggio 2025 - Ultima modifica: Domenica, 08 Giugno 2025
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