La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 35 della legge n. 833 del 1978 nella parte in cui non prevede che la persona in condizioni di degenza ospedaliera sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio (TSO) abbia diritto a ricevere comunicazione del provvedimento che dispone il trattamento e di essere sentita dal giudice tutelare prima dell’eventuale convalida.
Corte costituzionale – sent. 76/2025 – TSO e garanzie costituzionali
30 maggio 2025
La vicenda riguarda una donna che era stata sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio (TSO) mentre era ricoverata in ospedale. La signora aveva poi impugnato il decreto di convalida del provvedimento disposto dal Sindaco emesso dal giudice e il Tribunale ordinario di Caltanissetta aveva rigettato il ricorso.
L’impugnazione della sentenza di primo grado da parte della stessa ricorrente era stata rigettata dalla Corte d’appello di Caltanissetta che asseriva che i vizi lamentati costituiscono adempimenti non necessari dalla normativa di riferimento.
La Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale della disposizione con riferimento, tra gli altri, agli artt. 13, 24, 32 Cost. in quanto ritiene che nel procedimento che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio non siano garantiti i diritti costituzionali tutelati dalle disposizioni citate.
La Corte costituzionale, dopo aver puntualmente analizzato la ratio della disciplina, rileva che la forma di tutela giurisdizionale riconosciuta dal legislatore a soggetti sottoposti a TSO, comporti “una significativa compressione del diritto di difesa e al contraddittorio”. Infatti, non essendo prevista la notifica, il destinatario del provvedimento, la cui salute si intende tutelare con questo strumento, “non è messo in condizione di conoscerlo ed è escluso dal relativo procedimento di convalida giurisdizionale” (punto 6.2).
Osserva poi che il TSO può essere disposto anche nei confronti di persone che non siano affette da una permanente infermità psichica ma che si trovino solo temporaneamente in una condizione di alterazione e che, a prescindere dalla cronicità o meno del disturbo, tali condizioni non possano giustificare la limitazione o la privazione di diritti costituzionali, tra i quali anche il diritto di agire e di difendersi.
Dunque, la condizione di incapacità, temporanea o permanente, in cui si trova il destinatario del provvedimento, non costituisce in alcun modo un impedimento alla comunicazione del provvedimento con cui il Sindaco dispone il TSO e la notificazione del decreto di convalida motivato dal giudice all’interessato.
In secondo luogo, la Corte constata che la disposizione censurata non impone espressamente l’audizione dell’interessato del provvedimento da parte del giudice prima dell’eventuale convalida dello stesso. Tale audizione dovrebbe invece costituire un necessario adempimento, prodromico alla verifica della sussistenza dei presupposti sostanziali per l’imposizione del trattamento, alla garanzia che la restrizione della libertà personale non avvenga in condizioni di violenza fisica e morale e alla conoscenza delle reali condizioni in cui si trova la persona interessata.
Infatti, nel nostro ordinamento sono previste diverse misure di protezione delle persone fragili che si applicano in base alle condizioni soggettive delle stesse, perciò “l’audizione della persona interessata prima della convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario coattivo (…) consente al giudice tutelare di individuare il percorso in cui instradare le forme di miglior ausilio della persona in relazione alla sua condizione soggettiva” (punto 8.4).
Pertanto, la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 35, l. 833/1976 per violazione degli artt. 13, 24 e 32 Cost.
Il testo completo della sentenza è disponibile al seguente link e nel box download.