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Corte costituzionale – sent. 186/2023: infondatezza della questione relativa all’obbligo vaccinale per il personale di strutture sanitarie e socio-sanitarie che si avvale delle modalità di lavoro agile
6 luglio 2023

La Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale relative all’art. 4-ter, co. 1, lett. c), e co. 2, del d.l. n. 44 del 2021 (Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici), sollevate con ricorso del Tribunale ordinario di Brescia in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui la norma istituisce un obbligo vaccinale in capo al personale di strutture sanitarie e socio-sanitarie.

Numero
186
Anno
2023

Il caso riguarda un contenzioso instauratosi tra F.S., assistente amministrativa presso l’ufficio rilevazione presenze, e l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale degli Spedali Civili di Brescia, ove la ricorrente nel giudizio principale è impiegata. F.B. lamenta l’adozione nei suoi confronti di un provvedimento di sospensione dal lavoro da parte dell’Azienda Socio Sanitaria, avvenuta a seguito dell’inadempimento dell’obbligo di somministrazione del vaccino contro il COVID-19. Tale provvedimento sarebbe inopportuno dal momento che F.B. afferma di aver svolto la sua attività lavorativa in una struttura diversa rispetto a quella ospedaliera, ovvero mediante modalità di lavoro agile (smart working).

Il giudice rimettente ravvisa una violazione dell’art. 3 Cost., in primo luogo, per quanto concerne l’ingiustificata disparità di trattamento dei lavoratori sulla base del soggetto con cui il contratto di lavoro è stato stipulato (con la struttura sanitaria o socio-sanitaria, ovvero altri soggetti esterni), e, in secondo luogo, per la previsione indiscriminata dell’obbligo vaccinale senza riguardo al tipo di attività svolta dal singolo lavoratore. La scelta del legislatore di imporre l’obbligo in maniera generica a tutti coloro che svolgono un’attività lavorativa all’interno delle strutture sanitarie e socio-sanitarie non sarebbe in linea con la finalità della norma censurata, cioè prevenire la diffusione del virus nelle strutture che ospitano soggetti fragili; difatti, chi lavora a distanza non può costituire un rischio per la sicurezza sul luogo di lavoro.

In aggiunta, il giudice a quo solleva un’ulteriore questione di legittimità in riferimento all’art. 4 Cost., poiché la previsione di tale obbligo come presupposto necessario al fine dello svolgimento dell’attività lavorativa sarebbe in contrasto con il diritto effettivo al lavoro e con il rispetto della dignità umana.

La Corte accoglie l’eccezione presentata dall’Avvocatura generale dello Stato e dichiara inammissibili le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3 Cost., sotto il profilo dell’ingiustificata disparità di trattamento, e 4 Cost., giacché il ricorso proposto dal rimettente difetta di una adeguata motivazione sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità.

Il ragionamento della Corte prende le mosse dalla gravità della situazione epidemiologica al tempo dell’introduzione dell’obbligo vaccinale e rammenta che inizialmente il legislatore aveva scelto di imporre il trattamento sanitario obbligatorio in capo a soggetti esercenti certe attività lavorative (professioni sanitarie), per poi estendere l’ambito di applicazione dell’obbligo a tutti i lavoratori di determinate strutture, ritenute più sensibili (tra le quali quelle sanitarie e socio-sanitarie).

Si ricorda, poi, che la scelta del legislatore di individuare per via legislativa i soggetti gravati dell’obbligo vaccinale è già stata sottoposta al vaglio della Corte in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., nell’ambito della decisione n. 185 del 2023, nella quale si statuisce la ragionevolezza e la proporzionalità delle misure in oggetto.

Più specificamente, per quanto attiene alla questione relativa alla mancanza di una verifica caso per caso delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, in particolare per l’ipotesi dello smart working, la Corte ritiene che la ragione di tale diniego sia riconducibile alla peculiare flessibilità del lavoro agile, che “assume carattere variabile nel tempo, potendo essere oggetto di revoca o di modifiche, e, ancor più a monte, può atteggiarsi, nelle singole ipotesi applicative, in maniera estremamente diversificata, quanto al rapporto tra giorni in presenza e giornate lavorative da remoto, e può contemplare l’esecuzione della prestazione lavorativa in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno” (par. 5.3).

La notevole flessibilità del lavoro agile, e più in generale la verifica caso per caso delle modalità di lavoro di ogni singolo individuo, non sono condizioni compatibili con l’esigenza di tempestività e automaticità nell’applicazione e verifica del rispetto dell’obbligo vaccinale, dovuti dalla gravità dell’emergenza sanitaria, motivo per cui la disciplina delineata dal legislatore è ritenuta dalla Corte ragionevole e proporzionata, vista anche la natura transitoria dell’imposizione.

Alla luce di ciò, la Corte costituzionale dichiara infondata la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Brescia in riferimento all’art. 3 Cost.

Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.

Giulia Alessi
Pubblicato il: Giovedì, 06 Luglio 2023 - Ultima modifica: Mercoledì, 10 Gennaio 2024
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