Il Tribunale di Firenze riconosce che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 143/2024, una volta conseguita in sede giudiziale la rettificazione anagrafica non è più necessaria l’autorizzazione all’esecuzione dell’intervento chirurgico.
Tribunale ordinario di Firenze – sentenze n. 1308/2025 e 1323/2025: prime applicazioni della sentenza n. 143/2024.
15 aprile 2025
Avanti al Tribunale ordinario di Firenze venivano instaurati due distinti giudizi ex art. 31 del d.lgs. n. 150/2011, nell’ambito del quale le parti attrici riversavano le domande, volte – rispettivamente – al conseguimento dell’autorizzazione dell’intervento chirurgico conformativo e alla rettificazione anagrafica del nome e del sesso, a norma della legge n. 164/1982. A sostegno delle proprie azioni, i richiedenti depositavano la documentazione clinica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Careggi” di Firenze, attestante la diagnosi di disforia di genere e l’avvio di un percorso di affermazione di genere realizzato mediante l’assunzione dei farmaci ormonali. Gli istanti esponevano altresì al Collegio le difficoltà incontrate nella vita quotidiana, nel mondo del lavoro “e nei viaggi” a causa della perdurante discrepanza tra l’aspetto fisico ormai distintamente femminile e le risultanze anagrafiche riportate nei documenti d’identità.
In entrambi i casi, la coniuge, costituitasi in giudizio, nulla opponeva nel merito, prestando acquiescenza alla cessazione degli effetti civili del matrimonio a norma dell’art. 4 della legge n. 164/1982.
Il Tribunale ripercorre l’iter giurisprudenziale a seguito del quale – per effetto delle sentenze della Corte di Cassazione n. 15138/2015 e della Corte costituzionale n. 221/2015 – la modifica dei caratteri sessuali secondari è sufficiente ai fini della rettificazione anagrafica del sesso. In particolare, secondo il giudice, “deve ritenersi non obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari, quando venga accertata la serietà, univocità e definitività del percorso di transizione scelto dall’individuo”. In adesione “ai supremi valori costituzionali”, l’ordinamento “rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con l’assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione. Percorso che deve comunque investire gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l’identità di genere”.
Su queste premesse, il Collegio disponeva la modifica del prenome e del sesso, accertando – oltre alle modifiche dei caratteri sessuali secondari prodotti dai “trattamenti ormonali” - “la convinta appartenenza della parte attrice al genere femminile”, l’“assenza di condizioni psicopatologiche”, “stabilità emotiva, convinzione e perseveranza nelle cure tali da consentire di escludere che si tratti di una scelta contingente, momentanea o immotivata”.
Una volta accolta l’istanza di rettificazione anagrafica, il Tribunale ha ritenuto in entrambi i casi che – sulla scorta della recente sentenza della Corte costituzionale n. 143/2024 – “risulta ultronea la richiesta di autorizzazione giudiziale al trattamento medico chirurgico di riassegnazione ed adeguamento dei caratteri sessuali”. Accogliendo la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31 della legge n. 150/2011, la Corte ha infatti ritenuto irragionevole imporre al richiedente il conseguimento dell’autorizzazione giudiziale all’esecuzione dell’intervento chirurgico “quando le modificazioni già intervenute siano ritenute sufficienti dal tribunale stesso per accogliere la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso”.
Infine, il Tribunale di Firenze ha preso atto “che le parti hanno chiesto l’immediata cessazione del vincolo matrimoniale alle condizioni concordate […], che si ritengono adeguate per la tutela della prole”.
Il testo delle sentenze è disponibile nel box download.