L’High Court of Justice ha riconosciuto che sia possibile valorizzare la volontà di utilizzare embrioni post mortem mediante maternità surrogata laddove la disciplina dettata dall’HFEA 1990, che richiede che tale consenso sia prestato in forma scritta, comprima ingiustificabilmente i diritti riconosciuti dalla CEDU.
Regno Unito - High Court of Justice – Family Division – EF v Human Fertilisation and Embryology Authority – è possibile valorizzare il consenso prestato per facta concludentia all’utilizzo di embrioni post mortem
22 novembre 2024
La vicenda scaturisce dalla volontà del signor E.F. di utilizzare l’embrione creato unitamente alla moglie, successivamente deceduta, ricorrendo alla maternità surrogata.
Nel 2017 la coppia si era sottoposta a PMA, a seguito della quale erano stati creati due embrioni, uno impiantato e l’altro conservato. I coniugi, firmando dei moduli specifici, avevano espresso diversi consensi relativi all’uso dei rispettivi gameti e degli eventuali embrioni creati mediante questa tecnica. Tuttavia, mentre il modulo firmato dal ricorrente prevedeva espressamente la possibilità di manifestare il proprio consenso all’uso del prodotto biologico e dell’embrione creato da esso in caso di morte o incapacità mentale, il modulo firmato dalla moglie non conteneva alcuna formula o disposizione in tal senso. Pertanto, l’Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA), considerato che non è stato manifestato consenso scritto dalla donna, richiesto ai sensi dell’HFEA 1990, ha negato all’uomo tale possibilità. Il ricorrente sostiene però che la moglie non avrebbe voluto la distruzione degli embrioni in quanto fermamente convinta che un embrione sia una preziosa forma di vita e anche alla luce delle testimonianze degli amici e dei familiari, avrebbe voluto che il marito utilizzasse l’embrione creato attraverso una gravidanza surrogata.
Questa circostanza configurerebbe una violazione dell’art. 8, CEDU in quanto mentre, sussistendo consenso, le donne avrebbero la possibilità di utilizzare gli embrioni post mortem, la stessa sarebbe preclusa agli uomini e questa differenza di trattamento, dovuta ad un’omissione nel modulo sottoposto alle donne, non sarebbe obiettivamente giustificabile (objectively justifiable, punto 47).
La Corte, anzitutto, richiamando alcune precedenti sentenze e i principi in esse affermati, ricorda la possibilità, nei casi in cui la disciplina dettata dall’HFEA 1990 violi i diritti riconosciuti dalla CEDU, di interpretare il paragrafo 1 dell’HFEA 1990 ai sensi dell’art. 3 dell’HRA 1998 che consentirebbe quindi di poter ricavare il consenso anche da fatti concludenti e di prescindere dalla formalità dello stesso (punto 74).
Nel caso di specie la moglie non ha espresso consenso scritto in merito all’uso post mortem degli ovuli o degli embrioni solamente perché non le è stata data la possibilità di farlo ma alla luce del consenso prestato - e mai revocato - e di quanto riportato dal coniuge, dai familiari e dagli amici non si può che concludere che avrebbe voluto utilizzare l’embrione al fine di procreare un terzo figlio (punti 83 e 84).
E come affermato in una precedente sentenza, il Tribunale può e dovrebbe essere pronto a trarre inferenze appropriate riguardo al consenso dalle conversazioni avute con il defunto (“the court can, ‘and should be prepared to, draw appropriate inferences concerning consent from reports of conversations had with the deceased’”) (punto 86).
Ancorché la Corte riconosca che il consenso sia un elemento fondamentale al fine di avvalorare l’autonomia personale e di concretizzare desideri individuali (“reflects the importance of personal autonomy and giving effect to an individual’s wishes”), le circostanze del caso concreto provano che la donna avrebbe voluto che il marito potesse ricorrere alla maternità surrogata per poter utilizzare gli embrioni creati assieme e non riconoscere quest’evidenza significherebbe indebolire l’importanza del consenso e dell’autonomia individuale.
Perciò, in virtù di questi principi e di queste considerazioni, la Corte afferma che l’art. 3 dell’HFEA 1990 dovrebbe essere interpretato in modo tale da consentire al Tribunale di non escludere che vi sia stato il consenso, anche se evincibile da elementi diversi dalla scrittura, laddove vi siano delle chiare ed evidenti prove della volontà di coloro che hanno fornito i gameti.
Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.