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Corte di Cassazione - sez. I civ. - sent. 24001/14: maternità surrogata
26 settembre 2014

La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da una coppia che aveva fatto ricorso in Ucraina a pratiche di maternità surrogata.

Numero
24001
Anno
2014

Nel 2012 il Tribunale per i minorenni di Brescia, dopo aver accertato la mancanza di legami biologici fra una coppia e un bambino nato in Ucraina in seguito a maternità surrogata, aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore, sospendendo i coniugi dall’esercizio della potestà di genitori e nominando un tutore.

Secondo il Tribunale il certificato di nascita che indicava la coppia di coniugi italiani come genitori del bambino era nullo anche ai sensi della legge ucraina che ammetterebbe le tecniche di surrogazione di maternità a condizione che almeno il 50% del patrimonio genetico del nascituro provenga dalla coppia committente.

Il certificato ucraino, inoltre, non avrebbe potuto essere riconosciuto in Italia perché lesivo dell’ordine pubblico e, in particolare, del divieto di maternità surrogata sancito dalla legge 40/2004.

Venendo a mancare lo status di figlio legittimo del minore ed essendo dunque accertato lo stato di abbandono, il Tribunale aveva ritenuto di procedere alla dichiarazione di adottabilità.

A seguito del rigetto dell’appello in secondo grado (gennaio 2013), i genitori avevano proposto ricorso per Cassazione.

Ad avviso dei ricorrenti la statuizione di contrarietà all’ordine pubblico dell’atto di nascita potrebbe essere fondata solo ove si riscontrasse nella normativa ucraina che disciplina l’accertamento del rapporto di filiazione in quel paese una incompatibilità con le norme di ordine pubblico italiane, non essendo sufficiente il richiamo al divieto di surrogazione. Il riferimento non potrebbe infatti essere limitato all’ordine pubblico interno, identificabile con il rispetto di norme inderogabili, ma andrebbe esteso all’ordine pubblico internazionale, da intendersi come insieme di principi che ispirano la comunità internazionale (es. interesse superiore del minore).

La Cassazione ammette che il richiamo non possa esaurirsi con il rispetto di norme imperative, ma che esso debba ricomprendere anche principi fondamentali dell’ordinamento che non coincidono però unicamente con i valori condivisi dalla comunità internazionale, dovendosi fare riferimento anche a principi e valori esclusivamente propri.

“il divieto di pratiche di surrogazione di maternità è certamente di ordine pubblico, come già suggerisce la previsione della sanzione penale, di regola posta appunto a presidio di beni giuridici fondamentali. Vengono qui in rilievo la dignità umana – costituzionalmente tutelata – della gestante e l’istituto dell’adozione (…) governato da regola particolari poste a tutela di tutti gli interessati, in primo luogo dei minori (…)”.

Il divieto non sarebbe dunque contrario alla tutela del superiore interesse del minore che risulterebbe in realtà ragionevolmente tutelato dalla scelta legislativa di sottrarre la realizzazione di una genitorialità disgiunta dal legame biologico al semplice accordo delle parti e inquadrandolo, invece, nel quadro normativo che disciplina l’istituto dell’adozione.

Inconferente sarebbe anche il riferimento alle recenti pronunce Mennesson e Labasee mediante le quali la Corte EDU ha ravvisato il superamento del margine di discrezionalità statale nel difetto di riconoscimento giuridico del rapporto di filiazione tra il nato e il padre committente allorché questi sia anche padre biologico del nato.

Il ricorso è dunque respinto.

Nel box download il testo della sentenza e un file con le pronunce di primo e secondo grado.

Marta Tomasi
Pubblicato il: Venerdì, 26 Settembre 2014 - Ultima modifica: Martedì, 18 Giugno 2019
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