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Corte costituzionale - sent. 341/2009: quota di compartecipazione su visite specialistiche
16 dicembre 2009

In un giudizio di legittimità costituzionale in via principale avente ad oggetto numerose disposizioni del d.l. n. 112/2008, la Corte costituzionale ha dichiarato la non fondatezza della questione vertente sull'abolizione della quota di compartecipazione di dieci euro sulle visite specialistiche ambulatoriali.

Numero
341
Anno
2009

Oggetto del giudizio di legittimità costituzionale promosso con ricorsi delle Regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Valle D'Aosta, Calabria e della Provincia Autonoma di Trento è l'art. 61, co. 8, 9, 14, 15, 16, 17, 19, 20 e 21 del d.l. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria).

La Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi inter alia sulla legittimità della disposizione che prevede l'abolizione, per gli anni 2009-2011, della quota di partecipazione al costo delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, di cui all'art. 1, co. 796, lett. p), della legge n. 296/2006. Le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Calabria avevano impugnato i commi 14, 16, 19, 20 e 21 dell'art. 61, deducendo la violazione del principio di leale collaborazione e degli artt. 117 e 119 Cost.

Di seguito, riportiamo parte della motivazione della Corte (.pdf completo nel box download).

«Le censure proposte in relazione agli artt. 117 e 119 Cost. possono essere affrontate congiuntamente. L’intera disciplina impugnata, infatti, in quanto complessivamente rivolta a permettere l’abolizione del ticket, individuando le relative modalità di copertura, ha palesemente una finalità di coordinamento finanziario, in un settore rilevante della spesa pubblica come quello sanitario. Di conseguenza, per valutarne la legittimità, tanto in relazione all’art. 117 Cost., quanto con riferimento all’art. 119 Cost., risulta decisivo verificare se tale disciplina si mantenga sul piano delle norme di principio e della indicazione di complessivi obiettivi di riequilibrio finanziario, lasciando alle Regioni sufficienti margini di autonomia circa i mezzi necessari per la realizzazione degli obiettivi stessi.

Sotto tale profilo, le disposizioni censurate lasciano alle Regioni sufficienti margini di scelta. Innanzitutto, le Regioni non sono tenute ad abolire il ticket. Esse possono decidere di continuare ad applicarlo integralmente. Oppure possono decidere di ridurre il ticket, anziché abolirlo. Ancora, possono decidere di sostituire il ticket con «altre forme di partecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria di effetto finanziario equivalente». In tutte queste ipotesi, le Regioni non sono obbligate alla «completa adozione» delle misure di contenimento della spesa asseritamente lesive dell’autonomia legislativa e finanziaria regionale. Ciò significa che esse possono applicare in modo parziale le misure di riduzione della spesa indicate dalle disposizioni impugnate, oppure possono applicare alcune di esse e non altre, o, ancora, possono applicare in modo parziale soltanto alcune delle misure indicate dal legislatore. Va considerato, inoltre, che, anche qualora le Regioni, scegliendo di abolire il ticket, siano tenute ad applicare in modo completo le disposizioni censurate, tuttavia queste ultime, almeno in alcuni casi, prevedono comunque margini di flessibilità e di autonomia. […].

Da tutto ciò deriva che le disposizioni impugnate, ove correttamente considerate nel loro insieme e in relazione al risultato finale che esse si prefiggono di raggiungere, non si pongono in contrasto con gli artt. 117 e 119 Cost., in quanto non prevedono «in modo esaustivo e puntuale strumenti o modalità per il perseguimento» di obiettivi di riequilibrio finanziario (sentenza n. 284 del 2009), ma lasciano alle Regioni la possibilità di scegliere in un ventaglio di «strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi» (sentenza n. 237 del 2009).

Con riguardo all’asserita violazione del principio di leale collaborazione, deve osservarsi che questa Corte ha effettivamente riconosciuto che l’introduzione di un ticket fisso in tutto il territorio nazionale è stata correttamente preceduta da una intesa fra Stato e Regioni, con cui le parti hanno convenuto «di omogeneizzare le forme di compartecipazione alla spesa in funzione di una maggiore appropriatezza delle prestazioni» (si veda la sentenza n. 203 del 2008 ). Da ciò non può tuttavia trarsi come conseguenza che la disciplina attualmente censurata, nel consentire una differenziazione delle forme di compartecipazione alla spesa, senza prevedere alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni, violi il principio di leale collaborazione. In primo luogo, le norme impugnate non contraddicono l’omogeneità delle forme di compartecipazione alla spesa, dal momento che esse si limitano a consentire una contenuta variabilità dell’importo del ticket fra Regione e Regione, pur sempre entro una soglia massima fissata dallo Stato. In secondo luogo, e soprattutto, non può ritenersi in contrasto con il principio di leale collaborazione una disciplina che, sotto lo specifico profilo qui considerato, amplia e non comprime l’autonomia delle Regioni. Queste ultime, per effetto delle disposizioni censurate, possono applicare, ridurre o abolire un ticket che, in precedenza, erano invece tenute ad applicare. Il fatto che il legislatore statale, nel rispetto del principio di leale collaborazione, abbia acquisito l’intesa delle Regioni per introdurre una norma che pone un limite alla loro autonomia (il ticket fisso su tutto il territorio nazionale), non significa che una analoga intesa sia necessariamente richiesta anche per la rimozione, sia pur condizionata, di tale limite».

Lucia Busatta
Pubblicato il: Mercoledì, 16 Dicembre 2009 - Ultima modifica: Venerdì, 31 Maggio 2019
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