La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 maggio 2013, n. 57.
Corte costituzionale - sent. 274/2014: Stamina, la Corte rigetta la questione di legittimità del d.l. 24/2013
1 dicembre 2014
La questione di legittimità era stata sollevata dal Tribunale di Taranto. Secondo il Tribunale, la norma che esclude dalla possibilità di sottoporre a trattamenti con cellule staminali i pazienti che abbiano avanzato la richiesta dopo l'entrata in vigore del decreto avrebbe potuto determinare un vulnus degli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione. I pazienti sarebbero infatti esclusi dai trattamenti in base ad un mero dato cronologico, del tutto avulso dalle rispettive condizioni di salute.
Secondo la Corte la questione non sarebbe fondata perché il decreto del 2013, inserendosi in un contesto anomalo, ha voluto privilegiare «principi di continuità terapeutica ed esigenze di non interferenza con provvedimenti dell’autorità giudiziaria».
«Irragionevole sarebbe l’estensione indiscriminata di siffatta, temporalmente circoscritta, deroga» ad altri pazienti, poiché per questi non sussisterebbero «[l]e circostanze peculiari ed eccezionali che hanno indotto il legislatore a non interrompere il trattamento con cellule staminali nei confronti dei pazienti che di fatto l’avevano già avviato, o per i quali un giudice aveva, comunque, già ordinato alla struttura pubblica di avviarlo».
«In relazione a detti soggetti non trova, infatti, giustificazione una deroga al principio di doverosa cautela nella validazione e somministrazione di nuovi farmaci».
I giudici costituzionali ricordano che «[a]nche la Corte di Strasburgo ha [..] ritenuto che il diniego di accesso alla terapia secondo il metodo “Stamina” – deciso, nel caso al suo esame, da un giudice italiano in applicazione, appunto, del d.l. n. 24 del 2013, come convertito – persegue lo scopo legittimo di tutela della salute ed è proporzionato a tale obiettivo, né ha effetti discriminatori» (Durisotto v. Italy).
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