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Corte costituzionale - sent. 232/2018: disabilità, assistenza e solidarietà sociale
7 novembre 2018

Numero
232
Anno
2018

L’articolo impugnato, infatti, non includeva tra i soggetti legittimati a fruire del congedo lavorativo straordinario, concesso per poter assistere il genitore gravemente malato, anche il figlio che, al momento della presentazione della domanda, non conviveva con il genitore affetto da grave disabilità.

La questione era stata sollevata da un agente penitenziario, che si era visto rifiutare la concessione del congedo straordinario per assistere il padre gravemente malato, con il quale, al momento della richiesta, non viveva.

Secondo la Corte costituzionale, questa esclusione violerebbe molti precetti costituzionali:

-       Il dovere di assistenza e di solidarietà in capo a ciascun componente del nucleo famigliare di assistere, materialmente e moralmente, gli altri membri, in particolare i più deboli. Questo precetto è individuato attraverso una lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost.;

-       Il dovere di solidarietà ai sensi dell’art. 2 Cost, dovere che il soggetto non potrebbe rispettare per il solo fatto non essere al momento della richiesta convivente con la persona che si vuole assistere;

-       Il principio di non discriminazione ai sensi dell’art. 3 Cost., vista l’ingiustificata disparità di trattamento tra le persone che possono scegliere liberamente di convivere con il genitore malato rispetto a chi, per le più varie ragioni, non può optare per questa scelta. La Corte sottolinea inoltre che quello della preesistente convivenza, a differenza del congedo di cui si parla, non è requisito necessario per il rilascio di altri permessi aventi medesime finalità assistenziali, come quelli previsti dall’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. 

-       Gli artt. 4 e 35 Cost., poiché tale requisito finisce per discriminare i soggetti legittimati a ottenere il beneficio in base al tipo di lavoro svolto.

La Corte, inoltre, rimarca come l’attenzione al diritto, da parte del disabile, di ricevere cura e assistenza sia funzionale al godimento del diritto alla salute e all’integrazione effettiva, oltre che uno dei principali compiti dello Stato per rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della persona. Si tratta del nucleo “indefettibile” di garanzie che il legislatore è tenuto a prevedere ai soggetti più deboli, come anche promosso dal molti atti sovranazionali e internazionali: la Carta sociale europea (art. 15); la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 26), la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e il relativo Protocollo addizionale (punto x) del preambolo).

Il requisito della preesistente convivenza rischia, in questo modo, di vanificare la finalità del congedo straordinario, nato appunto per tutelare le situazioni di maggiore bisogno all’intero della famiglia, in cui il termine “convivenza” non rileva solo dal punto di vista formale e anagrafico, ma indica una relazione quotidiana di affetto e di cura.

Per questi motivi, conclude la Corte, dev’essere incluso nel novero dei soggetti legittimati a richiedere il congedo lavorativo retribuito, seppur in via sussidiaria rispetto agli altri soggetti indicati nella legge, anche il figlio che, al momento della richiesta di congedo, non abiti assieme al genitore gravemente malato ma che sia pronto a instaurare, e di fatto instauri, una convivenza che garantisca al parente disabile un’assistenza permanente e continuativa.

Il testo della sentenza è disponibile nel box download e a questo link.

Alberto Pagliari
Pubblicato il: Mercoledì, 07 Novembre 2018 - Ultima modifica: Venerdì, 28 Giugno 2019
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