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Corte costituzionale - ord. 295/2013: manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità dell’art. 3 del Decreto Balduzzi
2 dicembre 2013

La Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale promossa dal Tribunale di Milano in riferimento all’art. 3 del decreto-legge 13 settembre 2012,n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute).

Numero
295
Anno
2013

Il Tribunale di Milano dubitava della legittimità della norma in base alla quale «L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve», fermo restando l’obbligo risarcitorio di cui all’articolo 2043 del codice civile e con l’ulteriore precisazione che «il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo». Tale norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 27, 28, 32, 33 e 111 Cost.

A giudizio della Corte, nell’ordinanza di rinvio, «il rimettente non specifica la natura dell’evento lesivo, le modalità con le quali esso sarebbe stato causato e il grado della colpa ascrivibile agli imputati; ma, soprattutto, non precisa se, nell’occasione, i medici si siano attenuti – o, quantomeno, se sia sorta questione in ordine al fatto che essi si siano attenuti – a “linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica” proprie del contesto di riferimento, così che possa venire effettivamente in discussione l’applicabilità della norma censurata».

Secondo la Corte, inoltre, «occorre anche considerare come, nelle prime pronunce emesse in argomento, la giurisprudenza di legittimità abbia ritenuto – in accordo con la dottrina maggioritaria – che la limitazione di responsabilità prevista dalla norma censurata venga in rilievo solo in rapporto all’addebito di imperizia, giacché le linee guida in materia sanitaria contengono esclusivamente regole di perizia: non, dunque, quando all’esercente la professione sanitaria sia ascrivibile, sul piano della colpa, un comportamento negligente o imprudente».

Impossibile dunque valutare la rilevanza della questione, stante, come unica indicazione da parte del giudice a quo, il riferimento a un «processo nei confronti di alcuni operatori sanitari di un istituto ortopedico, imputati del reato di lesioni personali gravi, cagionate ad una paziente «con colpa generica e per violazione dell’arte medica».

A questo link il testo completo dell’ordinanza.

Marta Tomasi
Pubblicato il: Lunedì, 02 Dicembre 2013 - Ultima modifica: Giovedì, 06 Giugno 2019
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