La Regione Campania impugna la legge di bilancio n. 213 del 2023 relativa all’anno finanziario 2024 e al triennio 2024-2026 davanti alla Corte Costituzionale in ragione di differenti pretese violazioni, da parte di suddetto testo legislativo, rispetto al principio di autonomia regionale e di alcuni suoi corollari.
La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità della legge in esame nella parte in cui risulta lesiva del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni in ambito sanitario, nonché del diritto alla salute. Non è da ritenersi, infatti, legittimo il sacrificio della spesa pubblica dedicata alla preservazione della sanità in situazioni in cui siano comunque disponibili ulteriori risorse per scopi di minore priorità.
Corte Costituzionale - sent. 195/2024: legge di bilancio e diritto alla salute
6 dicembre 2024
Più nello specifico, la Regione Campania ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 527 e 557, della legge n. 213 del 2023.
Con un primo motivo di ricorso, con riferimento all’art 1 comma 527, viene lamentata l’invasione da parte del legislatore statale nella sfera di competenza regionale nella materia «coordinamento della finanza pubblica», tutelato dagli articoli 3, 5, 117, terzo comma, 119 e 120 Cost. La disposizione, infatti, sembrerebbe imporre una specifica modalità di contribuzione alle Regioni, ossia «il riversamento del risparmio regionale conseguito al bilancio statale», così determinando dei limiti stringenti all’autonomia finanziaria delle Regioni.
Al riguardo, la Corte Costituzionale nota come il disposto legislativo in questione intenda perseguire l’esigenza di contenimento della spesa pubblica del sottosettore delle amministrazioni regionali limitandosi a determinare l’importo complessivo del contributo richiesto alle Regioni a statuto ordinario, lasciando alle stesse adeguati margini di autonomia sulle voci di spesa cui applicare i risparmi.
Sotto un ulteriore profilo di censura, il previsto versamento per cassa al bilancio dello Stato, secondo la ricorrente, violerebbe il principio di autonomia finanziaria e solidarietà territoriale garantiti dagli artt. 114 e 119 Cost., dal momento che comporterebbe da parte dello Stato l’accertamento di una nuova entrata senza che sia indicata la destinazione di tali risorse.
Anche in questo caso, però, la Corte Costituzionale non ritiene fondato il motivo, in quanto il meccanismo che richiede alla Regione di versare l’importo dovuto al bilancio statale si dimostra funzionale a conseguire con certezza l’obiettivo di contenimento della spesa pubblica ai fini dei saldi di finanza pubblica, lasciando, allo stesso tempo, all’autonomia regionale un’adeguata facoltà di individuare su quali ambiti gestionali e specifici interventi ridurre gli stanziamenti di spesa.
Dalla Regione Campania viene, poi, lamentata - in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. – l’illegittimità costituzionale dell’imposizione del contributo alla finanza pubblica anche alle Regioni in piano di rientro da un disavanzo di amministrazione, che vedrebbero, a causa del richiamato riversamento, ancor più ridotte le proprie disponibilità di cassa, in aggiunta ai vincoli legati al recupero della situazione economica citata.
La Corte Costituzionale, tuttavia, ritiene che - in ossequio al principio di responsabilità finanziaria - a fronte degli obblighi euro-unitari disposti verso tutti gli enti della finanza pubblica allargata, non pare certamente opponibile la contingente situazione dell’ente territoriale in disavanzo.
Non risulta condivisibile neanche l’opinione per cui l’articolo censurato delineerebbe una forma di illegittima sottrazione e appropriazione di risorse regionali da parte dello Stato, dal momento che, in caso di mancato versamento, lo stesso andrà esclusivamente a decurtare i propri trasferimenti alla Regione, non incidendo, pertanto, sui gettiti dei tributi regionali.
Da ultimo, il ricorso lamenta la contrarietà della misura rispetto agli articoli 3 e 119 Cost. nella parte in cui stabilisce che, in caso di mancato versamento del contributo da parte delle Regioni nel termine stabilito, il relativo importo possa essere recuperato dallo Stato anche riducendo le risorse destinate al finanziamento dei Servizi sanitari regionali e alle politiche sociali e della famiglia.
In questo caso, la Corte riconosce la fondatezza della censura, in quanto - come affermato nella sent. 275/2016 - «[è] la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione». Da questo principio deriva che il diritto alla salute, coinvolgendo primarie esigenze della persona umana, non può essere sacrificato fintanto che esistono ulteriori risorse disponibili.
Con il secondo motivo di ricorso, la Regione Campania ha impugnato inoltre l’art. 1, comma 557, della legge n. 213 del 2023, nella parte in cui prevede che il Ministro della salute debba individuare le modalità di riparto e monitoraggio dell’impiego delle somme del Fondo per i test di Next-Generation Sequencing per la diagnosi delle malattie rare. Escludendo, infatti, qualsiasi coinvolgimento delle Regioni nella determinazione dei criteri e delle modalità di accesso al fondo, la disposizione violerebbe gli artt. 117, terzo comma, 118 e 119 Cost. nonché il principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.
La Corte Costituzionale, in questo caso, dichiara fondata la tesi della ricorrente, affermando che le previsioni impugnate afferiscono alla materia di competenza legislativa concorrente della tutela della salute e che, pertanto, sono da ritenersi illegittime in ragione della mancata previsione di un’intesa tra Ministero della salute e Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano finalizzata all’emanazione del decreto di coordinamento delle risorse per il fondo in questione.