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Comitato Nazionale per la Bioetica – Parere sui comitati per l’etica nella clinica
Anno 2017

Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha emanato un parere riguardante la necessità di istituire dei comitati etici specificamente preposti all’analisi delle questioni bioetiche emergenti dalle attività cliniche e assistenziali, illustrandone la struttura e le funzioni in sei raccomandazioni.

In primo luogo, il Comitato nazionale per la Bioetica ha ribadito l’importanza dell’etica nella pratica clinica a motivo del crescente livello di complessità dei dilemmi bioetici emergenti in quest'ambito, alcuni dei quali, come lo scambio involontario di embrioni e l'uso compassionevole dei trattamenti, già da questo ampiamente analizzati. Ha ritenuto quindi criticabile la riforma della disciplina dei comitati etici ad opera del Regolamento UE 536/2014, ancora ad alto tasso di ineffettività negli Stati membri, nella parte in cui riduce il numero dei comitati etici esistenti sul territorio nazionale, rafforza la loro tecnicità e li finalizza esclusivamente all’attività di consulenza per la sperimentazione clinica.

Il Comitato, consapevole della crucialità dell’etica per la pratica clinica ed assistenziale, settore dal carattere fortemente operativo ed emergenziale, e convinto della sua distinzione dall’etica per sperimentazione clinica e farmacologica sia in termini di logica che di esigenze, ha reputato necessaria l’autonoma istituzione di comitati per l’etica nella clinica con competenze e funzioni proprie. A questo riguardo, ha espresso le seguenti raccomandazioni:

  1. Deve essere garantita l’indipendenza dei comitati rispetto alle strutture che li hanno costituiti o presso le quali operano e la consulenza etica da questi fornita deve avere carattere di pluralità e multidisciplinarietà;
  2. Al nucleo duro della composizione dei comitati, formato da un medico clinico, un bioeticista, un infermiere, un giurista, un esperto di rischio sanitario, un rappresentante dei pazienti ed un epidemiologo, possono aggiungersi altri esperti se richiesto dalle specificità del caso concreto;
  3. L’attività dei comitati consiste nell’individuazione, nell’analisi e nella discussione dei problemi morali emergenti dai casi clinici che non rientrano nella sperimentazione clinica e farmacologica ed è finalizzata alla proposizione di possibili soluzioni aventi forma di pareri non vincolanti;
  4. I comitati etici devono avere una radice territoriale, ovvero essere istituiti con riguardo alla dimensione della struttura sanitaria presente sul territorio, senza che questo comporti un’eccessiva frammentazione e conseguenti disparità di trattamento;
  5. I comitati, mediante l’eterogeneità professionale e il continuo aggiornamento dei componenti, devono essere competenti in materia di: etica e teorie morali; clinica medica con riferimento alle specifiche patologie curate nella struttura di appartenenza; contesto socio-culturale dei pazienti; codici deontologici; biodiritto e normativa sanitaria; linee guida nazionali e internazionali su temi di etica medica;
  6. I comitati devono dotarsi di regolamenti che ne definiscano il funzionamento, le modalità di attivazione e le diverse procedure adottabili per l’esame dei casi e che facciano emergere con chiarezza il carattere non vincolante dei pareri, restando esclusivamente in capo al medico, in accordo con il paziente o con chi lo rappresenta, la responsabilità decisionale sul singolo caso clinico; 

Il testo del parere è disponibile al link e nel box download.

Teresa Andreani
Pubblicato il: Venerdì, 31 Marzo 2017 - Ultima modifica: Lunedì, 27 Aprile 2020
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