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US - Supreme Court - Maryland v. King: prelievo DNA arrestati
3 giugno 2013

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito, con maggioranza risicata, che le forze di polizia possono legittimamente raccogliere campioni di DNA da individui accusati di gravi reati (violence, attempted crimes of violence, burglaries, or attempted burglaries).

Numero
12–207
Anno
2013

Nel 2009 Alonzo Jay King era stato arrestato per aggressione e, sulla base del Maryland DNA Collection Act, il suo DNA era stato prelevato e analizzato. Il profilo genetico dell’arrestato coincideva con un campione raccolto nel 2003 e conservato nella banca dati CODIS per una violenza sessuale. Questa corrispondenza fu utilizzata come unico elemento di prova per la condanna all’ergastolo.

La difesa di King e la pretesa incostituzionalità della pratica di prelievo del DNA mediante tampone buccale erano interamente basate sulla differenza fra tale pratica e il rilevamento delle impronte digitali: mentre lo scopo del secondo intervento sarebbe quello di identificare il sospettato, il prelievo di DNA avrebbe come unica finalità quella di trovare un colpevole per casi irrisolti.

In numerosi precedenti la Corte Suprema ha affermato che attività di “search and seizure” in assenza di un sospetto individualizzato o di una probabile causa sono legittime unicamente nel caso in cui sia in gioco uno “special need” che vada oltre il generale interesse alla repressione del crimine.

Secondo la difesa lo “special need” cui serve il rilevamento di impronte digitali sarebbe quello dell’identificazione individuale, mentre il prelievo di DNA non risponderebbe altro che alla generale esigenza di repressione del crimine.

Secondo la risicata maggioranza (5-4) dei giudici della Corte Suprema, tale differenza sarebbe insussistente: «In light of the context of a valid arrest supported by probable cause respondent’s expectations of privacy were not offended by the minor intrusion of a brief swab of his cheeks. By contrast, that same context of arrest gives rise to significant state interests in identifying respondent not only so that the proper name can be attached to his charges but also so that the criminal justice system can make informed decisions concerning pretrial custody».

La Corte conclude quindi che il prelievo di DNA sia una reasonable search, equiparabile al rilevamento delle impronte digitali e alle foto segnaletiche e dunque compatibile con il Fourth Amendment.

Nella dissenting opinion di Justice Scalia l’equiparazione fra queste tecniche di rilevamento viene messa in discussione: «The Court's assertion that DNA is being taken, not to solve crimes, but to identify those in the State's custody, taxes the credulity of the credulous. And the Court's comparison of Maryland's DNA searches to other techniques, such as fingerprinting, can seem apt only to those who know no more than today’s opinion has chosen to tell them about how those DNA searches actually work».

Nel box download il testo della sentenza.

Marta Tomasi
Pubblicato il: Lunedì, 03 Giugno 2013 - Ultima modifica: Lunedì, 17 Gennaio 2022
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