Con decisione del 16 aprile 2025, la Corte Suprema del Regno Unito ha stabilito che, ai fini dell’Equality Act 2010 (AE 2010), è considerata donna solo chi è biologicamente tale, facendo prevalere il sesso biologico su quello anagrafico.
UK – Supreme Court (Civil Division) - For Women Scotland Ltd v The Scottish Ministers: è il solo sesso biologico a rilevare per la definizione di donna ai sensi dell’Equality Act del 2010
16 maggio 2025
La pronuncia conclude una lunga vicenda iniziata con la definizione di donna fornita nel Gender Representation on Public Boards (Scotland) Act 2018 (ASP 2018) e nelle relative linee guida, che includeva nella categoria anche persone transgender o in transizione di genere. Nel 2020, l’odierna ricorrente, l’associazione femminista For Women, aveva già contestato con successo tale interpretazione di fronte alla Inner House.
Dopo questa prima decisione, il Governo scozzese ha prodotto delle nuove linee guida, precisando che ai fini dell’ASP 2018 la definizione di donna coincide con quella fornita nell’EA 2010, includendo in essa anche chi possiede un Gender Recognition Certificate (GRC). Quest’ultimo è un documento che, in linea con quanto stabilito dal Gender Recognition Act del 2004 (GRA 2004), certifica la riattribuzione anagrafica del sesso.
Nel 2022 For Women ha nuovamente impugnato le linee guida davanti all’Outer House (che ha respinto il ricorso), poi all’Inner House (stessa sorte), fino ad arrivare alla Corte Suprema del Regno Unito.
Il 16 aprile 2025 la Corte Suprema accoglie il ricorso presentato dall’associazione ricorrente.
I giudici della SC ritengono, all’unanimità, che i termini “man”, “woman” e “sex” impiegati dal EA 2010 si riferiscano esclusivamente al sesso biologico del soggetto. La decisione è basata su tre nuclei tematici principali.
1. L’interpretazione del Gender Recognition Act del 2004.
Il GRA 2004, infatti, pur riconoscendo alla Section 9(1) che le persone trans con GRC devono essere considerate in conformità al genere registrato nel GRC “for all purposes”, precisa alla successiva Section 9(3) che la suddetta norma possa essere disapplicata da una disposizione dello stesso GRA 2004, ovvero da qualsiasi altra disposizione di legge. Inoltre, la Suprema Corte segnala come la Section 9(3) non richieda che la disapplicazione sia espressamente sancita da una norma: essa, piuttosto, opera automaticamente ogni qualvolta i termini, il contesto e lo scopo della norma considerata si dimostrino incompatibili o incoerenti con l’applicazione della suddetta Section 9(1).
2. L’interpretazione dell’Equality Act del 2010.
La Corte evidenzia come non ci sia alcuna previsione dell’EA 2010 che espressamente affermi l’applicabilità della Section 9(1) del GRA 2004. Per verificare la compatibilità della disposizione considerata con la ratio dell’EA 2010, quindi, risulta necessario porre in essere è un’attenta interpretazione delle norme di quest’ultimo, al fine di comprendere se le stesse facciano riferimento al sesso biologico e se il riferimento al sesso anagrafico le renderebbe incoerenti o prive di significato giuridico.
Sul punto la Corte Suprema osserva, in primo luogo, che le disposizioni relative alla discriminazione di genere (ad esempio, quelle relative alla gravidanza e alla maternità) possono riferirsi esclusivamente alla dimensione biologica del sesso. Infatti, laddove ai fini delle stesse fosse impiegata la definizione anagrafica del sesso, la ratio ultima di tali previsioni risulterebbe pregiudicata. Infatti, la Corte evidenzia come sia fondamentale interpretare le disposizioni dell’EA 2010 in modo coerente e preciso, in modo tale da garantire che i soggetti che condividono caratteristiche protette siano facilmente individuabili da coloro che sono obbligati dalla stessa disposizione di legge a porre in essere obbligazioni di carattere positivo nei loro confronti.
Per questo motivo, il riferimento al sesso anagrafico anziché quello biologico a tali fini comprometterebbe le categorie di “donna” e “uomo”, considerando la caratteristica protetta del sesso in maniera incoerente.
Inoltre, la Corte evidenzia come impiegare l’accezione anagrafica del sesso creerebbe due sottogruppi all’interno della medesima categoria delle persone transgender, individuata e protetta dall’EA. Si creerebbe, cioè, una distinzione tra i soggetti trans che hanno ottenuto un GRC e che, per questo, vedrebbero applicarsi le previsioni dell’AE in conformità al sesso anagrafico e coloro che non hanno ancora ottenuto il suddetto certificato, per cui rileverebbe il solo sesso biologico.
Infine, la Corte Suprema chiarisce come la definizione anagrafica del sesso pregiudicherebbe anche l’esistenza e la gestione di “single sex services”, come ad esempio bagni, spogliatoi o spazi ospedalieri; nonché l’organizzazione e il funzionamento di specifici settori dell’ordinamento giuridico: come quello dello sport o delle forze armate.
È, quindi, sulla base di queste argomentazioni che la Corte Suprema arriva a concludere che nell’ambito dell’EA 2010 operi la Section 9(3) del GRA 2004 e che, quindi, che in tale contesto normativo, i termini “sex”, “man” e “woman” siano da interpretarsi esclusivamente con riferimento al sesso biologico, poiché qualsiasi altra interpretazione renderebbe le previsioni dell’EA 2010 incoerenti ed inapplicabili. La Corte esclude, inoltre, l’ipotesi – paventata dalla Inner House – che il sesso possa essere considerato in senso anagrafico per talune previsioni dell’EA 2010 e in senso biologico per altre, confermando che l’accezione di sesso debba essere uniforme per tutto l’atto legislativo considerato.
In conclusione, quindi, la Suprema Corte statuisce che una donna trans con GRC non può essere considerata donna ai sensi dell’EA 2010 e che, conseguentemente, le linee guida del Governo scozzese impugnate di fronte a lei siano da considerarsi illegittime.
3. La protezione contro forme di discriminazione.
Da ultimo, la Corte si premura di precisare come l’interpretazione fornita delle previsioni dell’EA 2010 non privi le persone transgender di una garanzia avverso forme di discriminazione nei loro confronti. Infatti, le stesse – indipendentemente dal possesso del GRC – sono destinatarie della protezione loro riservata, in ragione dell’identità di genere, dall’EA 2010.
Il testo completo della sentenza è disponibile al seguente link e nel box download.