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UK - High Court (Family Division) - Spencer v. Anderson: test DNA post-mortem, paternità e familiarità
15 aprile 2016

Una corte del Regno Unito ha autorizzato l’analisi del DNA di un uomo deceduto per accertare un legame di paternità e per confermare la storia medica familiare.

Numero
2016 EWHC 851 (Fam)
Anno
2016

William Anderson, deceduto nel 2012, era stato trattato per una forma di cancro all’intestino nel 2006 presso il Central Manchester University Hospital che aveva conservato i profili di DNA raccolti per verificare la presenza di due mutazioni genetiche legate alla patologia.

Nel 2015 l’ospedale informa un uomo (David Spencer), che riteneva di poter esser figlio di William Anderson, che – se la paternità fosse stata confermata – egli avrebbe avuto un 50% di possibilità di aver ereditato una predisposizione allo sviluppo di forme di tumore all’intestino. Se la paternità e dunque la predisposizione fossero state confermate la strategia di prevenzione avrebbe comportato l’esigenza di sottoporsi a una tecnica pericolosa e invasiva ogni due anni.

Spencer si rivolse a un giudice per ottenere una autorizzazione all’analisi dei campioni di DNA per verificare il legame di paternità.

Il giudice:

  1. nota che l’analisi post-mortem del DNA non ricade sotto le previsioni dello Human tissue Act che ammette che il consenso sia prestato dai familiari in caso di decesso dell’interessato, ma che si applica solo a tessuti cellulari.
  2. riconosce la natura intima delle analisi sul DNA e i rischi connessi a un superamento del requisito del consenso: «DNA testing is an interference of the highest order with the subject's right to confidentiality and the privacy of their known family members whose genetic relationships will also be revealed by such testing. If the court allows post-mortem DNA testing in the absence of consent, this is likely to discourage patients from providing DNA during medical treatment and encourage those in Mr Spencer's position to defer making applications until after
  3. rileva l’esistenza di un vuoto normativo  e dunque «the absence of a remedy» che  «would lead to injustice».

La corte dunque autorizza il test «in the interests of justice».

Il testo completo della decisione è disponibile nel box download.

Lara Mastrangelo
Pubblicato il: Venerdì, 15 Aprile 2016 - Ultima modifica: Venerdì, 28 Giugno 2019
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