Vai menu di sezione

Irlanda - High Court - P.P. v. Health Service Executive: interruzione trattamenti di sostegno vitale
26 dicembre 2014

La High Court irlandese ha stabilito che i medici possono interrompere i trattamenti di sostegno vitale in una paziente alla diciottesima settimana di gestazione.

Numero
[2014 No. 10792P]
Anno
2014

La ventiseienne N.P., alla quindicesima settimana di gestazione, si trovava in stato di morte cerebrale e mantenuta artificialmente in vita in ospedale. Era stata ricoverata pochi giorni prima; dopo un paio di giorni dal ricovero aveva subito un grave peggioramento ed era rimasta incosciente. I medici l’avevano intubata. Il 3 dicembre il personale sanitario informava i parenti della morte cerebrale della donna per assenza di attività del tronco encefalico. La paziente rimaneva ricoverata nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale, collegata alle apparecchiature di ventilazione meccanica e di idratazione e nutrizione artificiale.

Il ricorrente, padre della donna, veniva informato dell’intenzione del personale sanitario di mantenere artificialmente i parametri vitali della paziente per la durante della gravidanza o, almeno, fino al momento della viabilità del feto. Alla donna veniva praticata anche una tracheotomia al fine di facilitare le operazioni di mantenimento degli organi materni per la crescita del feto.

Secondo il ricorrente, tali misure sono eccessive, irragionevoli, di natura puramente sperimentale e contrarie all’etica medica. Per tale ragione, P.P. presenta un ricorso alla High Court, chiedendo che venga interrotto qualsiasi trattamento di sostegno vitale.

Sulla base delle perizie mediche raccolte nel corso del procedimento d’urgenza la Corte afferma che risulta provato che un tale danno cerebrale sofferto ad uno stadio tanto iniziale della gravidanza preclude con certezza la possibilità che il bambino possa nascere vivo. Pertanto non c’è alcuna prospettiva realistica di proseguire il sostegno vitale della donna.

La Corte si chiede anche se la tutela che l’art. 40.3.3° della Costituzione accorda al nascituro sia tale da coprire anche il caso di specie. Secondo la Corte, la disposizione costituzionale è volta a rafforzare le previsioni legislative che puniscono la condotta di chi procura un’interruzione volontaria di gravidanza, mentre nel caso concreto, quello che risulta dagli atti della causa concerne la morte cerebrale della madre, fatto non prevedibile. Pertanto l’art. 40.3.3° della Costituzione non può essere applicato a questo caso.

«Thus although the State has an interest in preserving life, this interest is not absolute in the sense that life must be preserved and prolonged at all costs no matter what the circumstances».

Sulla base, quindi, della situazione medica della donna, la Corte stabilisce che il mantenimento dei parametric vitali della madre è contrario allo stesso diritto alla vita del nascituro: «We accept the evidence of the medical witnesses that - from a medical viewpoint - normal bodily parameters are maintained within extraordinarily fine limits, and that in this case there is no real prospect of maintaining stability in the uterine environment, having regard to the degree of infection, the fluctuating temperatures in the body of the mother, the difficulty in maintaining a safe blood pressure and the amount of toxic medication being administered to the mother which is not licenced for pregnancy».

Viene quindi autorizzata l’interruzione di ogni trattamento di sostegno vitale, anche nell’interesse del feto.

Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.

Il caso deciso dalla Corte irlandese presenta notevoli analogie con una vicenda accaduta nel gennaio 2013 in Texas.

Lucia Busatta
Pubblicato il: Venerdì, 26 Dicembre 2014 - Ultima modifica: Lunedì, 10 Giugno 2019
torna all'inizio