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Germania - Bundesverfassungsgericht - sent. 10 ottobre 2017: riconoscimento del c.d.“terzo sesso”
10 ottobre 2017

La Corte Costituzionale tedesca ha dichiarato incostituzionale la legge sullo stato civile nella parte in cui non consente di iscrivere nei registri l’appartenenza ad un “terzo sesso” - 10 ottobre 2017, Prima sezione (2019/16).

Numero
1 BvR 2019/16
Anno
2017

La ricorrente, iscritta nel registro dello stato civile tedesco come donna, chiedeva di poter cambiare tale indicazione con quella di “inter/diverso” o “diverso” non riconoscendosi appartenente né al sesso femminile né al sesso maschile a causa di una modificazione cromosomica.

La richiesta veniva rigettata prima dall’ufficio di stato civile competente e poi dal Tribunale di primo grado con la motivazione che tale possibilità non era ammessa dal legislatore, il quale, dalla riforma del 2013, consentiva come unica alternativa all’indicazione del sesso maschile o femminile la non registrazione del sesso. La decisione veniva confermata in secondo grado e dalla Corte di Cassazione Federale.

Avvalendosi della possibilità di proporre ricorso davanti alla Corte Costituzionale una volta esauriti tutti i gradi di giudizio, la ricorrente sosteneva che le disposizioni impugnate della legge sullo stato civile (Personenstandgesetz) fossero in contrasto con le norme costituzionali che tutelano il diritto alla personalità, la dignità e che sanciscono il divieto di discriminazioni. Il diritto tedesco, infatti, prevede l’indicazione del sesso al momento della registrazione anagrafica, oppure la possibilità di omettere tale dato «se il bambino non può essere ascritto né al sesso maschile né a quello femminile».

Riportiamo una sintesi della decisione. Parte della sentenza tradotta in italiano è disponibile sul sito di Articolo29, al seguente link . La sentenza in lingua originale è disponibile nel sito della Corte e nel box download.

La Corte ha sostenuto che il diritto al pieno sviluppo della personalità tutelato dalla Costituzione (artt. 2.1 in combinato disposto con 1.1 Cost.), include la tutela dell’identità sessuale e ciò vale anche per coloro che non si identificano né nel sesso maschile né in quello femminile. Questo sistema binario non è imposto dalla Costituzione ed arreca un’ingiustificata interferenza nei diritti di chi non rientra in nessuna delle due categorie ma si vede obbligato per legge a scegliere un genere di appartenenza. La mancata indicazione del dato riguardante il sesso non è una soluzione accettabile per tutelare il diritto costituzionalmente garantito all’identità sessuale e l’iscrizione positiva di una terza categoria non lederebbe né i diritti dei terzi, né l’interesse dello Stato alla certezza giuridica, poiché non porrebbe problemi diversi da quelli che già sorgono in caso di omissione del dato. A maggior ragione, i costi iniziali che l’ordinamento dovrebbe sostenere per adeguare il sistema non possono giustificare la lesione di un diritto costituzionale.

La normativa in questione contrasta anche con il divieto di discriminazione (art. 3.3 Cost.) poiché comporta una disparità di trattamento tra le persone che non sono di sesso maschile o femminile ma che si riconoscono durevolmente in un altro sesso. La Corte precisa anche che non rileva che il Costituente non immaginasse la tutela di un terzo ulteriore sesso nella formulazione dell’art. 3.3 della Costituzione, poiché la norma offre comunque ampi margini interpretativi.

Per questi motivi la Corte ha dichiarato incostituzionali le norme della legge sullo stato civile perché violano le norme costituzionali a tutela dell’identità personale, della dignità e il divieto di discriminazione in ragione del sesso, non consentendo l’iscrizione anagrafica di un “terzo sesso”.

Il legislatore dovrà intervenire entro il 31 dicembre 2018 per rimuovere la discriminazione e decidere se rinunciare del tutto all’iscrizione del sesso nei registri di stato civile oppure prevedere la possibilità di indicare l’appartenenza ad un altro sesso diverso da quello maschile o femminile. Nel frattempo i giudici e le autorità amministrative dovranno astenersi dall’applicare le norme in esame.

Marta De Lazzari
Pubblicato il: Martedì, 10 Ottobre 2017 - Ultima modifica: Martedì, 25 Giugno 2019
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