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Ecuador – Corte costituzionale - sent. 34-29-IN/21: illegittimità costituzionale del reato di aborto in caso di donne vittime di violenza sessuale
28 aprile 2021

La Corte costituzionale dell’Ecuador dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 149 e 150 del codice penale relativi al reato di aborto, nella parte in cui non prevedono la non punibilità nel caso in cui la gravidanza derivi da una violenza sessuale.

Numero
34-29-IN
Anno
2021

L’articolo 149 stabilisce che chi pratica l’aborto su una donna consenziente è punito con la reclusione da uno a tre anni, mentre la donna che causi il proprio aborto o permetta che altri lo causino è punita con la reclusione da sei mesi a due anni. L’articolo 150, invece, prevede che l’aborto non sia punibile nel caso in cui la vita o la salute della donna siano in grave pericolo, non altrimenti evitabile, e nel caso in cui la gravidanza sia stata causata da una violenza sessuale ai danni di una donna mentalmente incapace.

La previsione di una causa di non punibilità limitata soltanto ai casi di stupro commessi contro una donna con malattie mentali è ritenuta incostituzionale dai ricorrenti, in quanto lesiva del diritto all’integrità personale, del diritto di uguaglianza e non discriminazione, del diritto alla vita e alla salute e alla dignità personale.

La Corte, ai fini della decisione, identifica come bene giuridico protetto dal legislatore con la criminalizzazione dell’aborto quello della vita del nascituro che non può essere letto, tuttavia, separatamente dal diritto all’integrità personale delle donne vittime di abusi sessuali: nemmeno il diritto alla vita, infatti, è da intendersi come “un diritto assoluto, la cui pretesa tutela può giustificare la totale negazione di altri diritti”.

Secondo la Corte, dunque, la maternità forzata in casi di stupro va contro l’integrità fisica, l’integrità psichica, l’integrità morale e l’integrità sessuale e priva le donne della libertà di autodeterminazione.

Nonostante la finalità della norma, cioè la tutela del nascituro, sia riconosciuta dalla Corte come costituzionalmente valida, la previsione non è idonea a raggiungere il suo scopo: le donne vittime di stupro, infatti, spesso ricorrono comunque all’aborto in modo clandestino, con procedure molto rischiose. Per tutelare la vita del nascituro, inoltre, la Corte individua delle alternative meno gravose e, pertanto, da preferire: un migliore sistema di assistenza pubblica e di educazione sessuale e una maggior repressione dei reati di violenza sessuale.

La disparità di trattamento tra le donne con malattie mentali e quelle mentalmente sane, inoltre, non appare in alcun modo giustificata, in quanto in entrambi i casi le donne subiscono una violenza sessuale e soffrono le stesse gravi conseguenze: l’incapacità mentale non è, infatti, l’unica situazione di vulnerabilità da proteggere e non può rappresentare un criterio oggettivo su cui basare la disparità di trattamento.

Infine, la Corte affronta, sulla base delle richieste dei ricorrenti, anche la possibilità di ammettere, tra le eccezioni che consentirebbero di abortire, anche l’incesto, l’inseminazione forzata e le gravi malformazioni del feto. La Corte, posto che in caso di violenza sessuale incestuosa e di inseminazione forzata si ricadrebbe comunque nell’ipotesi di violenza sessuale, ritiene di non poter spingersi oltre nell’imporre ulteriori modifiche: spetta infatti alla discrezionalità del legislatore introdurre una regolamentazione più ampia dell’aborto, conforme al dettato costituzionale.

Per queste ragioni la Corte ha dichiarato incostituzionale la norma nella parte in cui non esclude la punibilità delle donne che abortiscono in seguito a violenza sessuale e ha ordinato la presentazione, entro due mesi, di un disegno di legge che regoli i presupposti e le procedure da applicare in questi casi.

Il testo della sentenza è disponibile nel box download.

Beatrice Carminati
Pubblicato il: Mercoledì, 28 Aprile 2021 - Ultima modifica: Mercoledì, 21 Luglio 2021
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