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Corte di Giustizia UE - Kohll v. Union des caisses de maladie: rimborso cure mediche ricevute in un altro Stato membro
28 aprile 1998

Nella causa C-158/96, la Corte di Giustizia, pronunciandosi su una questione pregiudiziale relativa al rimborso di spese medico-dentistiche ricevute in un altro Stato membro, ha affermato che gli artt. 59 e 60 del Trattato ostano a una normativa nazionale che subordina all'autorizzazione dell'ente previdenziale dell'assicurato il rimborso (secondo le tariffe dello Stato d'iscrizione) delle prestazioni di cure dentarie fornite da un ortodontista stabilito in un altro Stato membro.

Numero
C-158/96
Anno
1998

La causa sorge nell'ambito di una controversia tra il signor Kohll, cittadino lussemburghese, e l'Union des caisses de maladie (la cassa malattia lussemburghese cui lo stesso è iscritto), in merito ad una domanda di autorizzazione per consentire alla figlia di Kohll di fruire di un trattamento di ortodonzia in Germania e permettere al signor Kohll di ricevere successivamente il rimborso delle spese sostenute.

Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.

La cassa malattia lussemburghese rifiutava al signor Kohll la richiesta di autorizzazione perché il trattamento non era urgente e poteva essere prestato in Lussemburgo.

Il diniego veniva impugnato dal signor Kohll prima dinanzi al Conseil arbitral des assurances sociales e, in seguito al rigetto dell'istanza, in secondo grado, dinanzi al Conseil supérieur des assurances sociales che confermava la sentenza di primo grado, stabilendo inoltre la conformità del diritto interno al regolamento CEE n. 1408/71.

Il signor Kohll proponeva quindi ricorso avverso tale sentenza dinanzi alla Cour de cassation, contestando al Conseil supérieur des assurances sociales di aver preso in esame la legittimità della normativa nazionale solo in relazione al regolamento n. 1408/1971 e non agli artt. 59 e 60 del Trattato. La Cour de cassation decideva di sottoporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali vertenti sull'applicazione della normativa nazionale alla luce degli artt. 59 e 60 del Trattato:

«1) Se gli artt. 59 e 60 del Trattato che istituisce la CEE debbano essere interpretati nel senso che ostano a che una normativa subordini la presa a carico di prestazioni rimborsabili a un'autorizzazione dell'ente previdenziale dell'assicurato, qualora le prestazioni vengano fornite in uno Stato membro diverso da quello di residenza dell'assicurato.

2) Se la soluzione della questione precedente subisca modifiche qualora la normativa abbia l'obiettivo di mantenere un servizio medico-ospedaliero equilibrato e accessibile a tutti in una determinata regione».

La Corte di Giustizia, pur ribadendo che il diritto comunitario non menoma la competenza degli Stati membri ad organizzare i proprio sistemi previdenziali, afferma che, comunque, la natura particolare di talune prestazioni di servizi non può sottrarre tali attività al principio fondamentale della libera circolazione.

Secondo la Corte, l'art. 22 del Regolamento n. 1408/71 non impedisce il rimborso da parte degli Stati membri (in base alle tariffe in vigore nello Stato competente) delle spese sostenute per cure fornite in un altro Stato membro, anche in mancanza di una previa autorizzazione.

Le prestazioni di ortodonzia ricevute in un altro Stato membro, al di fuori di una struttura ospedaliera, vengono considerate come un servizio ai sensi dell'art. 60 del Trattato; la Corte quindi si chiede se la disciplina statale costituisca una restrizione ingiustificata alla libera prestazione di servizi.

La previsione di una previa autorizzazione per ricevere il rimborso di prestazioni ricevute in un altro Stato membro costituisce una restrizione al principio della libera circolazione dei servizi; l'art. 59 del Trattato osta all'applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l'effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione puramente interna. La normativa nazionale oggetto del giudizio prevede una previa autorizzazione per il rimborso di prestazioni ricevute in un altro Stato membro, ma non lo richiede per le prestazioni ricevute all'interno dello Stato interne e costituisce quindi un ostacolo alla libera prestazione di servizi.

La Corte si chiede dunque se tale restrizione sia obiettivamente giustificata, secondo quanto previsto dal Trattato.

In termini generali, non può escludersi che un rischio di grave alterazione dell'equilibrio finanziario del sistema previdenziale possa costituire un motivo imperativo di interesse generale atto a giustificare l'ostacolo alla libertà fondamentale. Il rimborso delle cure dentistiche prestate in altri Stati membri secondo le tariffe dello Stato d'iscrizione non incide significativamente sul finanziamento del sistema previdenziale.

Inoltre, la normativa oggetto della causa non può essere giustificata da motivi di sanità pubblica al fine di proteggere la qualità delle prestazioni mediche offerte in altri Stati membri. «Quanto all'obiettivo di conservare un servizio medico-ospedaliero equilibrato ed accessibile a tutti, occorre considerare che, anche se è intrinsecamente connesso alle modalità di finanziamento del sistema previdenziale, esso può parimenti rientrare nel regime di deroghe giustificate da ragioni di sanità pubblica», secondo l'art. 56 del Trattato (poiché contribuisce alla realizzazione di un elevato livello di tutela della salute). Tale profilo, però, non viene invocato da nessuna delle parti nel ricorso e dunque tale giustificazione non può essere rilevata dalla Corte.

La Corte conclude affermando che gli articolo 59 e 60 del Trattato ostano a una normativa nazionale che subordina ad una previa autorizzazione il rimborso (secondo le tariffe dello Stato d'iscrizione) delle prestazioni di cure dentarie fornite da uno specialista in un altro Stato membro.

Lucia Busatta
Pubblicato il: Martedì, 28 Aprile 1998 - Ultima modifica: Mercoledì, 29 Maggio 2019
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