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Corte di Cassazione - sez. IV pen. - sent. 16237/2013: responsabilità del medico
29 gennaio 2013

La quarta sezione penale della Cassazione ha annullato e rinviato alla Corte d'appello un provvedimento relativo alla portata applicativa e all'impatto sui processi in corso dell'art. 3 della legge n. 189/2012, il c.d. decreto Balduzzi, sulla responsabilità per colpa del medico.

Numero
16237
Anno
2013

Il caso concreto dal quale origina il processo riguarda l'imputazione di un medico per omicidio colposo, durante l'esecuzione, in una clinica privata, di un intervento di ernia discale recidivante. Nel corso dell'intervento la paziente subiva una lesione della vena e dell'arteria iliaca e decedeva poco dopo per la grave emorragia. Il Tribunale affermava la responsabilità per condotta commissiva dell'imputato, poi confermata anche in appello.

L'imputato ricorreva in Cassazione per diversi motivi, fra cui:

  • travisamento della prova relativa alla regola precauzionale di non introdurre lo strumento chirurgico ad una profondità superiore ai 3 cm;
  • mancanza di motivazione in ordine alla colpa ascritta all'imputato; si è anche omesso di mettere a confronto la tesi scientifica su cui si fonda l'accusa con le altre prospettate dalla difesa
  • vizio di motivazione quanto al profilo di colpa relativo all'inadeguatezza della struttura sanitaria in cui si è svolto l'intervento
  • per effetto dell'art. 3 del cd. Decreto Balduzzi vi è stata una parziale abolizione della fattispecie di omicidio colposo (in virtù dell'esclusione della colpa lieve nel caso in cui il sanitario si attenga alle linee guida e alle buone pratiche terapeutiche); tale norma si applica al caso, nella parte in cui si tratta di stabilire se esista una buona pratica chirurgica che imponga di introdurre lo strumento chirurgico a non più di 3 cm di profondità.

La Corte dichiara il ricorso fondato proprio alla luce di quest'ultimo motivo e offre una completa ricostruzione interpretativa dell'art. 3 della l. n. 189/2012: «da un lato la distinzione tra colpa lieve e colpa grave, per la prima volta normativamente introdotta nell'ambito della disciplina penale dell'imputazione soggettiva. Dall'altro, la valorizzazione delle linee guida e delle virtuose pratiche terapeutiche, purché corroborate dal sapere scientifico». Quest'ultimo profilo comporta in ambito terapeutico un indirizzo sia per il terapeuta sia per il giudice.

Pur non aggiungendo nuovi elementi sul versante soggettivo della colpa, la nuova norma è innovativa nella parte in cui prevede la valorizzazione delle linee guida e delle affidabili pratiche terapeutiche, quando esse siano confortate dal consenso della comunità scientifica: «le linee guida costituiscono sapere scientifico e tecnologico codificato, metabolizzato, reso disponibile in forma condensata, in modo che possa costituire un'utile guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni terapeutiche. Si tenta di oggettivare, uniformare le valutazioni e le determinazioni; e di sottrarle all'incontrollato soggettivismo del terapeuta».

Nel diritto penale, la disciplina della colpa necessita di essere integrata non solo dalla legge, ma anche da atti di rango inferiore (con riferimento alle cautele e alle prescrizioni e in relazione agli aspetti tecnici); dato questo contesto, nell'ambito della responsabilità medica tali integrazioni sono fortemente orientate dal sapere scientifico e dalle consolidate strategie tecniche, «che svolgono un importante ruolo nel conferire oggettività e determinatezza ai doveri del professionista e possono al contempo orientare le pur difficili valutazioni cui il giudice di merito è chiamato».

È necessario pertanto valutare il modo in cui il sapere scientifico debba essere preso in considerazione dai giudici: «per valutare l'attendibilità di una tesi occorre esaminare gli studi che la sorreggono; l'ampiezza, la rigorosità, l'oggettività delle ricerche; il grado di consenso che l'elaborazione teorica raccoglie nella comunità scientifica […]». Il giudice di merito non dispone da solo delle conoscenze per esperire una completa indagine sul grado di attendibilità dei dati scientifici che entrano nel giudizio; questi saranno veicolati nel processo dagli esperti, che dovranno perciò saper delineare un completo scenario scientifico per fornire al giudice gli elementi di giudizio. Il giudice di merito sarà poi chiamato a dar conto di tutto ciò nelle motivazioni, esplicitando in particolare le informazioni scientifiche disponibili e illustrando l'apprezzamento compiuto; al giudice di legittimità spetterà eventualmente una valutazione sulla razionalità e sulla rigorosità dell'apprezzamento compiuto.

In tale prospettiva, dunque, le linee guida non diventano regole cautelari secondo il classico modello della colpa specifica; restano strumenti di indirizzo e orientamento. «La legge propone un modello di terapeuta attento al sapere scientifico, rispettoso delle direttive formatesi alla stregua di solide prove di affidabilità diagnostica e di efficacia terapeutica, immune da tentazioni personalistiche».

Dall'interpretazione che la Cassazione fornisce alla novella legislativa, dunque, risulta che nel caso in cui il professionista si orienti correttamente in ambito diagnostico e terapeutico, basandosi su di un sapere scientifico consolidato e, tuttavia, nell'agire commetta qualche errore pertinente all'adattamento delle direttive alle evenienze del caso specifico, la sua condotta sarà soggettivamente rimproverabile penalmente solo quando l'errore non sia lieve.

«Alla stregua della nuova legge, le linee guida accreditate operano come direttiva scientifica per l'esercente le professioni sanitarie; e la loro osservanza costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti».

Sulla distinzione tra colpa lieve e colpa grave: il giudice sarà chiamato a valutare tutti gli elementi rilevanti del caso specifico (la complessità del quadro patologico, l'urgenza, l'atipicità della situazione, ecc.). Quanto più la vicenda risulti problematica, tanto maggiore dovrà essere la propensione a considerare lieve l'addebito nei confronti del medico che – pur seguendo le linee guida e il sapere scientifico – non sia stato in grado di produrre un trattamento adeguato.

Il testo completo della sentenza è disponibile sul sito Diritto Penale Contemporaneo .

Lucia Busatta
Pubblicato il: Martedì, 29 Gennaio 2013 - Ultima modifica: Martedì, 04 Giugno 2019
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