La Corte europea dei diritti dell’uomo ha escluso che sia legittimo subordinare il riconoscimento giuridico dell’identità di genere alla condizione di sterilità del soggetto. Il requisito della sterilità, infatti, si pone in contrasto con il dettato normativo dell’articolo 8 della CEDU, configurando una lesione del diritto alla vita privata e familiare della persona trans.
Corte Europea dei diritti dell’uomo – Y.Y. v. Turkey: la Corte EDU stabilisce che il requisito della sterilizzazione per la rettificazione del sesso viola l’articolo 8 della CEDU
10 marzo 2015
La pronuncia in esame prende le mosse dal ricorso di Y.Y., un uomo trans di cittadinanza turca, che lamenta la violazione dell’articolo 8 CEDU da parte dell’ordinamento turco. Infatti, nel 2005, il ricorrente si era rivolto al Tribunal de grande istance (TGI) di Marsin, chiedendo l’autorizzazione alla sottoposizione all’intervento chirurgico di riassegnazione del sesso (necessario ai fini della rettificazione anagrafica del genere). Il Tribunale aveva negato l’autorizzazione a Y.Y., motivando la decisione sulla base della mancata sterilità del ricorrente e, quindi, dell’assenza di uno dei requisiti posti dalla legge turca per il riconoscimento giuridico dell’identità di genere (articolo 40 del codice civile turco). La decisione era stata, poi, confermata anche dalla Corte di cassazione turca.
Nelle more del procedimento di fronte alla Corte EDU, Y.Y. aveva nuovamente adito il Tribunal de grande istance di Marsin. Questa volta, alla luce dell’aspetto estetico evidentemente più mascolino dell’uomo (nel frattempo si era sottoposto all’intervento chirurgico di mastectomia e la terapia ormonale sostitutiva a base di testosterone aveva prodotto una visibile mascolinizzazione del suo corpo), il tribunale lo aveva autorizzato a sottoporsi all’intervento chirurgico di riassegnazione del sesso, nonostante egli fosse ancora in grado di procreare.
La Corte di Strasburgo non reputa rilevante, ai fini della decisione in commento, che il tribunale abbia successivamente autorizzato l’intervento nonostante la capacità procreativa, poiché il ritardo con cui l’autorizzazione è intervenuta ha comunque prodotto un pregiudizio all’integrità psico-fisica del ricorrente.
La Corte EDU afferma che il requisito della sterilizzazione rappresenta un’illegittima ingerenza nella sfera individuale del ricorrente, incidendo direttamente sulla tutela del diritto all’identità di genere del soggetto e sul pieno riconoscimento della sua personalità. Richiamando la tendenza, emergente a livello internazionale, alla sempre maggiore accettazione delle persone transgender e la graduale condanna del requisito della sterilizzazione proveniente da svariati organi sovranazionali, la Corte ricorda che la Convenzione è caratterizzata da una natura dinamica, idonea ad adeguarsi alle esigenze emergenti a livello sociale.
Nondimeno, poi, viene evidenziato come il requisito della sterilizzazione leda il diritto della persona a conservare inalterata la propria integrità fisica.
Alla luce delle argomentazioni ricostruite, quindi, la Corte di Strasburgo accoglie il ricorso e, per la prima volta, stabilisce che il requisito della sterilizzazione rappresenti un’ingerenza nella vita privata del soggetto non giustificata alla luce delle esigenze di cui al comma 2 dell’articolo 8 CEDU.
Inoltre, la Corte EDU evidenzia come la posizione così delineata sarebbe confermata proprio dal fatto che, successivamente, il medesimo tribunale turco abbia autorizzato l’intervento chirurgico pur in assenza della condizione di sterilità.
La sentenza considerata è di particolare rilevanza poiché rappresenta un momento decisivo nell’evoluzione della giurisprudenza della Corte EDU in materia di identità di genere. Fino a questa pronuncia, infatti, la Corte si era trovata a decidere casi in cui il ricorrente, pur avendo già subito un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso, non veniva riconosciuto dall’ordinamento giuridico conformemente alla propria identità di genere. Con Y.Y. v. Turkey, quindi, inizia una nuova fase della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, in cui la stessa inizia a riflettere sul quomodo della tutela che gli Stati devono assicurare al diritto all’identità di genere (appartengono a questa fase pronunce come A.P., Garçon and Nicot v. France; S.V. v. Italy; X. and Y. v. Romania; Y. v. Poland).
Il testo completo della sentenza è disponibile al seguente link e nel box download.