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Corte Europea dei diritti dell’Uomo – G.M. e Altri v. Moldavia: aborto e consenso informato nel caso di donne affette da infermità mentali
22 novembre 2022

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha accertato la violazione dell’art. 3 CEDU da parte della Moldavia, in quanto l’ordinamento nazionale non è idoneo a tutelare i diritti riproduttivi di soggetti affetti da disabilità intellettive.

Numero
44394/15
Anno
2022

Il caso riguarda tre donne moldave che, in diversi periodi di tempo, sono state ospiti di una struttura sanitaria psichiatrica, e che lamentano di essere state sottoposte, senza il loro consenso, ad interventi di interruzione della gravidanza e a procedure di sterilizzazione.

Le ricorrenti si rivolgono alla Corte EDU chiedendo di accertare l’inosservanza delle disposizioni sulla tutela della vita privata e familiare di cui all’art. 8 CEDU, tuttavia i giudici di Strasburgo ritengono maggiormente appropriato valutare il ricorso alla luce del divieto di trattamenti inumani e degradanti, allorché i fatti di causa, concernenti procedure mediche seriamente invasive per la persona, superano una soglia minima di gravità tanto da far ricadere il caso in questione nell’ambito applicativo dell’art. 3 CEDU.

Tale articolo pone in capo agli Stati molteplici doveri, tra cui l’obbligo negativo di astenersi dal tenere comportamenti che ledano l’integrità delle persone sottoposte alla loro giurisdizione, e obblighi positivi che riguardano il dovere di creare un sistema normativo idoneo a proteggere e promuovere l’integrità fisica e psichica degli individui, con particolare riguardo ai soggetti che, come nel caso di specie, si trovino in una situazione di maggiore fragilità, e che permetta inoltre agli individui di far valere i propri diritti in sede giurisdizionale.

Proprio in riferimento a quest’ultimo punto, la Corte EDU rileva una prima violazione della Convenzione e constata l’inadeguatezza delle indagini svolte dalle autorità nazionali competenti, che si sarebbero limitate ad esaminare i documenti redatti dalla struttura che ospitava le donne, senza alcun altro approfondimento in merito.

Richiamando la Convenzione di Oviedo, si rammenta l’essenzialità in ambito sanitario del consenso informato, il quale deve concretizzarsi anche nei confronti di soggetti affetti da disturbi mentali. Tale principio richiede che il paziente sia adeguatamente informato sulle circostanze specifiche del caso e che siano ascoltate le sue opinioni in merito. Nella fattispecie le tre ricorrenti non avevano perso la capacità legale e non erano sottoposte a nessun tipo di rappresentanza legale, sicché, a maggior ragione, questo caso che deve essere gestito con ancora più cautela.

La Corte EDU afferma che la normativa nazionale utilizza un tono paternalistico ricco di stereotipi in tema di diritti riproduttivi e disabilità mentali: “harmful stereotypes exist according to which persons with mental disabilities should not procreate and which result in various human rights violations in respect of persons with disabilities, and especially in respect of women with mental disabilities” (par. 122). Ciò si manifesta in primis nella convinzione che la presenza di un disturbo mentale di qualsiasi grado sia una condizione di per sé idonea a rendere la gravidanza un pericolo per la salute della paziente, e di conseguenza sufficiente per terminare la stessa, pur in assenza di ulteriori controindicazioni, e in secondo luogo si concretizza nel mancato coinvolgimento della donna con disabilità intellettive nella decisione finale. Al tempo degli eventi infatti la legge moldava si fondava sull’elemento del consenso presunto, non valorizzando il consenso scritto e informato della donna, sostituito dal parere del medico curante o di un comitato.

La Corte conclude che la disciplina legislativa della Moldavia non tutela adeguatamente i diritti riproduttivi degli individui, in particolar modo i diritti di coloro che si trovano in una condizione di maggiore fragilità, riscontrando quindi la violazione dell’art. 3 CEDU:  “the Government failed to demonstrate the existence of any legal provisions, safeguards and mechanisms meant to support persons like the applicants, who were intellectually disabled but had not been deprived of their legal capacity, to express a valid and fully informed consent for medical interventions, especially in respect of abortions and contraception. Even the 2020 updated national standards seem to transfer the decision to the legal representative and do not envisage situations such as that of the applicants. In this connection, it has not been shown by the Government that there existed any practice to provide persons with intellectual disabilities with information in a manner accessible to them” (par. 124).

Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.

Giulia Alessi
Pubblicato il: Martedì, 22 Novembre 2022 - Ultima modifica: Giovedì, 02 Febbraio 2023
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