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Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - Paradiso e Campanelli c. Italia: maternità surrogata e art. 8 CEDU
27 gennaio 2015

La Corte di Strasburgo ha rilevato la violazione dell’art. 8 CEDU da parte dell’Italia in un caso concernente un minore nato da una madre surrogata in Russia e sottratto ai genitori a causa dell’inesistenza di un legame biologico con i coniugi.

Numero
ric. n. 25358/12
Anno
2015

I ricorrenti, Paradiso e Campanelli, sono due coniugi che, in seguito al fallimento delle tecniche di PMA cui si erano sottoposti, avevano deciso di recarsi all’estero e di stipulare un contratto di gestazione per altri in Russia. Secondo la legge russa, alla nascita del bambino, nel 2011, i coniugi erano stati registrati come genitori del bambino, senza indicazione della maternità surrogata.

Al rientro in Italia, il ricorrente aveva chiesto la trascrizione del certificato di nascita del figlio, ma il consolato italiano a Mosca aveva informato il tribunale dei minori locale che il documento conteneva false attestazioni. I coniugi subivano quindi un procedimento penale nel quale venivano chiamati a rispondere del reato di falsa attestazione e della violazione della legge sulle adozioni. Contestualmente il Tribunale dei minori di Campobasso apriva un procedimento per la dichiarazione di adottabilità del bambino.

Il signor Campanelli, inoltre, risultava non essere il padre biologico del bambino. Di conseguenza, il tribunale dei minori stabiliva che il minore doveva essere sottratto dai ricorrenti e dato in affidamento. Dopo essere stato in una struttura dei servizi sociali, nel 2013 il minore veniva affidato ad una famiglia e riceveva una nuova identità.

Nel 2013, inoltre, veniva confermato il rifiuto – per contrarietà con l’ordine pubblico – di registrare in Italia il certificato di nascita rilasciato in Russia, nonostante i ricorrenti sostenessero di aver agito in buona fede.

I ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 8 CEDU da parte dell’Italia, in particolare, per quanto riguarda la sottrazione del minore alle loro cure e il rifiuto di riconoscere la relazione genitoriale, attraverso la mancata trascrizione del certificato di nascita redatto all’estero.

Con riguardo alla sottrazione del minore dalla tutela dei ricorrenti, la Corte riconosce l’esistenza di una «de facto family life between the couple and the child», la conseguente applicabilità dell’art. 8 CEDU al caso di specie e l’ammissibilità del ricorso. Nonostante i ricorrenti avessero passato solo sei mesi con il bambino, infatti, questo pur breve periodo aveva consentito l’instaurarsi di una relazione tra i coniugi e il minore. Le misure adottate dalle autorità italiane nei confronti del bambino, la sua sottrazione ai ricorrenti e l’affido costituiscono, secondo la Corte, un’illegittima interferenza nella vita privata e familiare. Pur considerando che l’attività delle autorità italiane è stata motivata dall’esigenza di porre termine ad una situazione illegittima, la Corte rileva che l’esigenza di tutelare l’ordine pubblico non può essere utilizzata in modo automatico, senza prendere in considerazione il miglior interesse del minore e la relazione genitoriale (sia essa biologica o no): «However, the reference to public order could not be considered as giving carte blanche for any measure, as the State had to take into consideration the best interests of the child, irrespective of the parental relationship, genetic or otherwise. The Court reiterated that the removal of a child from the family setting was an extreme measure, which could be justified only in the event of immediate danger to the child. The threshold set in its case-law in this respect was very high».

Il testo della sentenza (in francese) e il comunicato stampa della Corte (in inglese) sono disponibili nel box download.

Il 24 gennaio 2017, la Grande Chambre della Corte Edu ha ribaltato la decisione di primo grado, escludendo la violazione dell’articolo 8 Cedu. 

Lucia Busatta
Pubblicato il: Martedì, 27 Gennaio 2015 - Ultima modifica: Lunedì, 24 Giugno 2019
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