Vai menu di sezione

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - Novruk and others v. Russia: il diniego del diritto di ingresso e residenza in Russia a cittadini stranieri affetti da HIV viola la CEDU
15 giugno 2016

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha accolto il ricorso presentato contro il Governo russo da cinque cittadini stranieri cui è stato negato il diritto di ingresso e di residenza in Russia in quanto positivi all’HIV e ha dichiarato che la negazione del permesso di soggiorno o la dichiarazione di presenza indesiderata (“undesirability decision”) sul territorio russo (presupposto per l’ordine di espulsione o per il divieto di ingresso) basata sullo stato di salute del richiedente, nel caso di specie sull’essere positivi all’HIV, viola gli artt. 8 e 14 della CEDU.

Numero
ric. n. 31039/11
Anno
2016

Il ricorso è stato presentato da cinque cittadini stranieri che, nonostante i legami familiari e affettivi (family ties”)che li legavano al territorio russo, hanno visto negata la richiesta di permesso di soggiorno in Russia in base alla sezione 7 del Foreign National Act, che consente il rilascio del permesso di soggiorno ai soli cittadini stranieri che dimostrino di essere HIV negativi. Il Federal Migration Service e la Consumer Protection Authority hanno dichiarato “undesirable” la presenza dei ricorrenti sul territorio russo sulla base dell’HIV Prevention Act e dell’Entry and Exit Procedure Act. Questa decisione comporta che lo straniero debba abbandonare il territorio russo e possa essere espulso qualora non lo faccia volontariamente. Tale decisione è inoltre alla base del divieto di reingresso nel paese. I ricorrenti hanno contestato dinnanzi alla Corte EDU che la «difference in the treatment to which they were subjected on account of their health status amounted to discrimination within the meaning of Article 14 of the Convention, read in conjunction with Article 8»(punto 69 della decisione).

I giudici della Corte, ritenuti ammissibili i ricorsi ed esauriti i rimedi interni, hanno riunito i cinque ricorsi individuali in un’unica causa. Dal punto di vista del merito i giudici hanno accertato innanzitutto l’applicabilità al caso di specie degli artt. 8 e 14 della CEDU. L’art. 8 impone agli Stati di esercitare le politiche sull’immigrazione in modo da garantire il diritto al rispetto della vita privata e familiare ed è risultato applicabile a tutti e cinque i ricorrenti, nonostante la diversità dei rapporti che li legavano allo Stato russo, in quanto secondo la Corte «the existence or non-existence of “family life” is essentially a question of fact depending upon the existence of close personal ties.The notion of the “family” in Article 8 is not confined solely to marriage-based relationships, and may encompass other de facto “family” ties where the parties are living together outside of marriage» (punto 85 della decisione). L’art. 14 garantisce il godimento senza discriminazione dei diritti e delle libertà sanciti nella CEDU e sebbene non menzioni la salute o particolari condizioni mediche tra gli ambiti oggetto di protezione dalla discriminazione, la Corte ha dichiarato che «a physical disability and various health impairments fall within the scope of this provision» e che di conseguenza «a distinction made on account of an individual’s health status, including such conditions as HIV infection, should be covered by the term “other status” in the text of Article 14 of the Convention» (punti 90-91 della decisione).

I giudici hanno dimostrato che il trattamento riservato dalla Russia ai cittadini stranieri HIV positivi relativamente alle politiche sull’immigrazione è discriminatorio in quanto «discrimination means treating differently, without an objective and reasonable justification, persons in analogous, or relevantly similar, situations» (punto 95 della decisione). La differenza di trattamento cui sono stati sottoposti i ricorrenti si basava esclusivamente sul loro stato di salute e quindi, come ha sottolineato la Corte, «the applicants’ HIV-positive status was the sole element that exposed them to a treatment distinct from the treatment of HIV-negative non-nationals» (punto 98 della decisione). Di conseguenza i ricorrenti hanno legittimamente denunciato di trovarsi in una situazione simile a quella di altri cittadini stranieri HIV negativi e quindi ricadeva sullo Stato l’onere di provare che tale disparità di trattamento fosse giustificabile. La Corte EDU ha ribadito quanto affermato nel caso Kiyutin v. Russia e ha dichiarato che «if a restriction on fundamental rights applies to a particularly vulnerable group in society that has suffered significant discrimination in the past, then the State’s margin of appreciation is substantially narrower and it must have very weighty reasons for imposing the restrictions in question» (punto 100 della decisone). Secondo l’analisi effettuata dalla Corte i soggetti affetti da HIV rientrano a pieno titolo nella definizione di “vulnerable group” e la diversità di trattamento basata su questa condizione medica merita “a particularly compelling justification” anche in considerazione del fatto che la pratica di espulsione dei cittadini stranieri HIV positivi esercitata dalla Russia rappresenti un unicum nel panorama europeo. Il Governo russo ha addotto come giustificazione l’esigenza di protezione della salute pubblica ma, come ha affermato la Corte, «travel restrictions are instrumental for the protection of public health against highly contagious diseases which can be transmitted through casual contact or airborne particles» (punto 103 della decisione) e l’HIV certamente non rientra in questa categoria di malattie.

In conclusione la Corte EDU ha affermato all’unanimità che il diniego di ingresso e di residenza in Russia in quanto «decision capable of curtailing the right to respect for the individual’s private and family life» deve essere preceduto «by an individualised judicia assessment of all the relevant facts. Where such a decisionis based on a predetermined classification of the entire group of vulnerable individuals as a threat to public health solely because of their health status, it cannot be considered compatible with the protection against discrimination enshrined in Article14 of the Convention» (punto 108 della decisione). La Corte ha concluso dunque col ribadire quanto affermato nel caso Kiyutin v. Russia dichiarando che le norme russe impugnate dai ricorrenti (sezione 7(1)(13) del ForeignNationalsAct, sezione 11(2) dell’HIV Prevention Act e sezione 25(10) Entry and Exit Procedures Act) «are of an imperative nature, leaving no room for an individualised assessment based on the facts of a particular case» (punto 108 della decisione). Infine la Corte ha proseguito dichiarando che «in the light of the overwhelming European and International consensus geared towards abolishing the out standing restrictions on entry, stay and residence of HIV-positive non-nationals who constitute a particularly vulnerable group, the respondent Government have not advanced compelling reasons or anyobjective justification for their differential treatment for health reasons» (punto 111 della decisione). Dunque i ricorrenti sono stati riconosciuti quali «victims of discrimination on account of their health» in violazione degli artt. 8 e 14 della CEDU.

Il testo della sentenza è scaricabile dal box download.

Elena Scalcon
Pubblicato il: Mercoledì, 15 Giugno 2016 - Ultima modifica: Lunedì, 17 Giugno 2019
torna all'inizio