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Corte Europea dei Diritti dell'Uomo – Kiyutin v. Russia: il rifiuto di rilasciare il permesso di soggiorno a cittadini stranieri affetti da HIV sulla base del loro stato di salute viola la CEDU
15 settembre 2011

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha accolto il ricorso presentato contro il Governo russo da un cittadino dell’Uzbekistan cui era stato negato il permesso di soggiorno sul territorio russo in base della sezione 7 del Foreign Nationals Actin quanto positivo all’HIV, dichiarando all’unanimità che la negazione del diritto di residenza in Russia basata esclusivamente sullo stato di salute del richiedente viola gli artt. 8 e 14 della CEDU.

Numero
ric. n. 2700/10
Anno
2011

La normativa russa sull’immigrazione prevede infatti che per ottenere un permesso di soggiorno si debba dimostrare attraverso un certificato medico lo status di soggetto HIV-negativo altrimenti la richiesta potrà essere rifiutata (Foreign Nationals Act) e, conseguentemente, sulla base dell’HIV Prevention Act, il richiedente potrà essere espulso dal paese. Al ricorrente è stata negata la domanda di permesso di soggiorno, nonostante i “family ties” che lo legano alla Russia, poiché secondo la normativa sull’immigrazione «neither provision leaves any room for an individualised assessment based on the facts of a particular case» (punto 72 della decisione). Infatti, sebbene la Corte costituzionale nella decisione del 12 maggio 2006 abbia dichiarato tali norme compatibili con la Costituzione russa dal momento che «the provisions did not exclude the possibility of having regard to humanitarian considerations in exceptional cases» rimane comunque poco chiaro, come affermato dai giudici della Corte EDU, «whether that decision gave the domestic authorities discretion to override the imperative regulation of section 7(1)(13) of the Foreign Nationals Act» (punto 72 della decisione).

Secondo il ricorrente la decisione di negare il permesso di soggiorno sulla base della sua condizione di salute è discriminatoria e sproporzionata rispetto al dichiarato intento di protezione della salute pubblica e dunque le norme russe impugnate (sezione 7(1)(13) del Foreign Nationals Act e sezione 11(2) dell’HIV Prevention Act) sono in contrasto con gli artt.8, 13, 14 e 15 della CEDU.

La Corte EDU ha deciso di esaminare la questione in base all’articolo 14 (Divieto di discriminazione) in combinato disposto con l’articolo 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare. della Convenzione). Secondo i giudici, l’art.8 della CEDU non attribuisce il diritto di ingresso o di residenza in un determinato paese ma obbliga gli Stati a esercitare le politiche sull’immigrazione in modo da garantire ai cittadini stranieri il rispetto dei diritti umani, in particolare « the right to respect for his or her private or family life and the right not to be subject to discrimination» (punto 53 della decisione). In particolare la Corte ha affermato l’applicabilità dell’art.8 della CEDU al caso di specie in quanto «the relationships that arise from a lawful and genuine marriage, such as that contracted by the applicant with his Russian spouse and in which their child was born» rientrano a pieno titolo nel concetto di “family life” protetto dalla norma in questione (punto 55 della decisione). La Corte ricorda inoltre come l’art.14 invece proibisca «those differences based on an identifiable, objective or personal characteristic, or “status”, by which persons or groups of persons are distinguishable from one another» (punto 56 della decisione). Sebbene questa norma non elenchi espressamente lo stato di salute o altre condizioni mediche tra gli ambiti oggetto di protezione dalla discriminazione, i giudici hanno ribadito che anche la disabilità fisica (“phisical disability”) e altre menomazioni della salute (“health impairments”) rientrano nell’ambito di applicazione della norma.

La Corte, quindi, anche sulla base delle documentazioni presentate a sostegno del ricorrente dalla ONG Interights (International Centre for the Legal Protection of Human Rights) quale soggetto terzo interessato alla causa, ha affermato che «a distinction made on account of an individual’s health status, including such conditions as HIV infection, should be covered – either as a disability or a form thereof – by the term “other status” in the text of Article 14 of the Convention» (punto 57 della decisione)

I giudici, ricordando che «discrimination means treating differently, without an objective and reasonable justification, persons in analogous, or relevantly similar, situations» (punto 59 della decisione), hanno ritenuto che essendo il trattamento riservato al ricorrente basato esclusivamente sullo status di soggetto HIV-positivo, egli possa legittimamente lamentare «to be in a situation analogous to that of other foreign nationals for the purpose of an application for a residence permit on account of their family ties in Russia» (punto 61 della decisione). Lo Stato russo ha dunque avuto la possibilità di provare che tale differenza di trattamento sia legittima e non discriminatoria in quanto sorretta da una giustificazione “objective” e “reasonable”. Il margine di apprezzamento di cui lo Stato gode nello stabilire «whether and to what extent differences in otherwise similar situations justify a different treatment» è limitato dal fatto che il destinatario delle limitazioni al diritto di residenza, in quanto affetto da HIV, rientri in un c.d. “vulnerable group” (cioè «[a] group […] that has suffered significant discrimination in the past», punto 63 della decisione) e dal fatto che tale pratica non goda di consenso a livello europeo. Di conseguenza «the respondent State is under an obligation to provide a particularly compelling justification for the differential treatment» (punto 65 della decisione).

La Corte nella sua decisione non ha però ritenuto fondata la giustificazione addotta dal Governo russo, basata sull’esigenza di protezione della salute pubblica, in quanto ha considerato «undoubtedly relevant the third party’s submission on the existing consensus among experts and international organisations active in the field of public health who agreed that travel restrictions on people living with HIV could not be justified by reference to public-health concerns» (punto 67 della decisione) dal momento che la sola presenza di soggetti HIV-positivi in uno stato non rappresenta una minaccia per la salute pubblica viste le modalità di trasmissione della malattia. Questi metodi, come hanno messo in luce i giudici, non solo si sono dimostrati inefficaci nel prevenire la diffusione dell’AIDS ma potrebbero addirittura risultare dannosi per la tutela salute pubblica del paese che li applica (vedi parte 71 della decisione). Inoltre il Governo russo non applica le menzionate restrizioni al diritto di circolazione (es. divieto di ingresso, obbligo di certificare lo status di soggetto HIV-negativo) ai turisti e ai cittadini russi che entrano ed escono dal paese e, considerando che le modalità di trasmissione dell’HIV non dipendono dalla durata della permanenza nel territorio di uno stato, la Corte ha ribadito non esserci giustificazione «for a selective enforcement of HIV-related restrictions against foreigners who apply for residence in Russia but not against the above-mentioned categories, who actually represent the great majority of travellers and migrants» (punto 69 della decisione). La Corte ha poi affermato che la differenza di trattamento tra “HIV-positive long-term settled migrants” e “short-term visitors” non è giustificabile nemmeno da motivazioni economiche, quali l’incremento delle spese del sistema sanitario nazionale, in quanto «non-Russian nationals have no entitlement to free medical assistance, except emergency treatment, and have to pay for all medical services themselves» (punto 70 della decisione).

In conclusione la Corte ha affermato che «taking into account that the applicant belonged to a particularly vulnerable group, that his exclusion has not been shown to have a reasonable and objective justification, and that the contested legislative provisions did not make room for an individualised evaluation, the Court finds that the Government overstepped the narrow margin of appreciation afforded to them in the instant case» (punto 74 della decisione) e di conseguenza ha dichiarato che il ricorrente è stato vittima di discriminazione sulla base del suo stato di salute in violazione degli artt. 8 e 14 della CEDU.

Il testo della decisione è scaricabile dal box download.

 

Elena Scalcon
Pubblicato il: Giovedì, 15 Settembre 2011 - Ultima modifica: Lunedì, 10 Giugno 2019
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