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Consiglio di Stato - sent. 1306/2016: differenza fra bioequivalenza e equivalenza terapeutica tra farmaci biotecnologici
1 aprile 2016

Il Consiglio di Stato rigetta l'appello presentato da Novartis avverso la decisione del TAR Lazio che aveva considerato legittimo un bando di gara per la fornitura di un lotto di farmaci che equiparava Lucentis di Novartis (principio attivo ranibizumab) e Eylea di Bayer (principio attivo aflibercept).

Numero
1306
Anno
2016

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. Toscana Novartis Farma S.p.a. aveva impugnato un bando di gara semplificato, indetto dall’ESTAV Centro (ora ESTAR) per la fornitura di un lotto di farmaci per il trattamento della degenerazione maculare neovascolare correlata all’età a base di due diversi principi attivi, ranibizumab e aflibercept.

La gara aveva ricevuto parere favorevole da parte della Commissione Consultiva Tecnico Scientifica (CTS) dell’AIFA che aveva stabilito una “sostanziale sovrapponibilità sia di efficacia che di sicurezza” tra i principi attivi ranibizumab, contenuto nel farmaco Lucentis della Novartis e aflibercept, contenuto nel medicinale Eylea commercializzato dalla Bayer.

Il TAR Lazio, in primo grado, aveva respinto l’impugnazione, condannando, però, le parti resistenti risultate vittoriose al pagamento delle spese di lite.

La società ricorrente lamentava che la norma che prevede che le regioni “[n]ell’adottare eventuali decisioni basate sull’equivalenza terapeutica fra i medicinali contenenti differenti principi attivi” debbano attenersi “motivate e documentate valutazioni espresse dall’Agenzia Italiana del Farmaco” (art. 15 c. 11 ter del d.l. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012) avrebbe introdotto un concetto nuovo all’ordinamento italiano – quello di equivalenza terapeutica – del quale non sarebbe stato precisato il significato.

In sintesi, secondo l’appellante Novartis:

  1. i due prodotti farmaceutici presenterebbero differenze di farmacocinetica e farmacodinamica, escludendosi la possibilità di riconoscere l’equivalenza terapeutica che presuppone la bioequivalenza;
  2. le valutazioni fatte da AIFA avrebbero fatto coincidere il concetto di “equivalenza terapeutica” con la semplice “identità di indicazioni”;
  3. le considerazioni dell’AIFA sarebbero limitate all’efficacia senza un’approfondita comparazione dei due farmaci sotto il profilo della sicurezza.

Il collegio giudicante nota anzitutto che trattandosi di prodotti basati su “differenti principi attivi”, essi non sono riconducibili al novero dei cosiddetti “biosimilari”.

Per rispondere al primo motivo di gravame, relativo al giudizio di equivalenza svolto da AIFA, i giudici riportano i quattro criteri sui quali l’Agenzia afferma di aver basato la propria valutazione di equivalenza terapeutica (concetto definito alla luce dell’efficacia terapeutica e della sicurezza sui pazienti). Il giudizio avrebbe verificato se i due farmaci:

1. appartengano alla stessa classe ATC (Anatomico, Terapeutico, Chimica);

2. abbiano indicazioni terapeutiche autorizzate sovrapponibili negli usi richiesti;

3. presentino una analoga via di somministrazione;

4. posseggano analoga modalità di rilascio del principio attivo.

Il Consiglio di Stato ritiene che la Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA abbia evidenziato puntualmente tutti gli aspetti farmacologici dei prodotti in esame, documentando adeguatamente la valutazione di sostanziale sovrapponibilità di efficacia e di sicurezza dei farmaci in ambito terapeutico:

“il giudizio tecnico discrezionale reso dalla CTS dell’AIFA – reso sulla base di un’attenta verifica delle risultanze scientifiche rinvenibili in materia ed adeguatamente motivato - non appare inficiato dai vizi di difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà o difetto di motivazione dedotti dall’appellante, né sussistono profili di illogicità delle determinazioni dell’organo tecnico che ha scrupolosamente esaminato la documentazione (…)”.

Altro motivo di ricorso riguardava la supposta carenza di potere dell’AIFA di rilasciare pareri in ordine all’equivalenza terapeutica, poiché i farmaci dei quali si discute sono immessi in commercio su autorizzazione comunitaria rilasciata dall’EMA.

Secondo i giudici amministrativi, tale gravame sarebbe basato sull’errato presupposto secondo cui la dichiarazione di equivalenza terapeutica inciderebbe sul contenuto delle autorizzazioni alla immissione in commercio.

“il giudizio di equivalenza terapeutica reso dalla CTS dell’AIFA non afferisce all’immissione in commercio dei farmaci, non incide quindi sulla loro commercializzazione, e dunque non ricade nella competenza dell’EMA, ma assolve alla diversa funzione di consentire l’inserimento dei due prodotti farmaceutici in unico lotto nella gara per la fornitura dei medicinali necessari per la cura della medesima patologia per la quale sono entrambi indicati”.

Il giudice d’appello rigetta dunque tutti i motivi di ricorso e accoglie l’appello incidentale stabilendo che le spese di lite relative ad ambedue i gradi di giudizio seguano la soccombenza.

A questo link il testo completo della decisione.

Marta Tomasi
Pubblicato il: Venerdì, 01 Aprile 2016 - Ultima modifica: Venerdì, 14 Giugno 2019
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