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Ministero della Salute – Piano Nazionale AIDS 2017-2019
Anno 2017

Il Ministero della Salute ha emanato il Piano Nazionale AIDS per il triennio 2017-2019 al fine di dare attuazione a livello nazionale agli interventi di prevenzione e diagnosi, cura e assistenza, informazione e ricerca in tema di epidemia da virus HIV.

Come disposto dall’art.1 della legge 135 del 1990 sui piani di interventi contro l’AIDS, il Ministero della Salute ha emanato il Piano Nazionale individuando tre macro-tematiche, tra loro interconnesse, cui è necessario rivolgere l’azione di intervento, in ossequio alle linee-guida e agli obiettivi internazionali prefissati da OMS, ECDC e UNAIDS:

  • Prevenzione e diagnosi
  • Cura e assistenza
  • Stigma e lotta alla discriminazione

Al fine di prevenire la diffusione del virus, il Piano delinea tre tipologie di intervento. Innanzitutto, ritiene strategica la programmazione di azioni riguardanti i comportamenti individuali a rischio mediante un'omogenea predisposizione sul territorio di attività di counseling, di campagne di sensibilizzazione e di informazione sull’uso corretto del profilattico e sulla possibilità di accedere al test. In secondo luogo, è necessario incentivare la pubblicizzazione e implementazione della profilassi pre-esposizione o post-esposizione e delle terapie antiretrovirali, che impediscono la trasmissione del virus. Parimenti indispensabili sono gli interventi strutturali di carattere socio-economico: la vulnerabilità rispetto al contagio, infatti, è spesso legata a situazioni di povertà, di disuguaglianza, di discriminazione e di emarginazione.

Nello specifico, il Piano individua la discriminazione omo-transfobica, le problematiche giuridiche riguardanti l’esercizio della prostituzione, l’uso di sostanze stupefacenti e la presenza non regolare sul territorio nazionale come questioni irrisolte e di particolare allarme, sottostanti e consequenziali alla diffusione del virus.

 

Per quanto concerne gli aspetti legati alla diagnosi, l’obiettivo primario è aumentare e diversificare le occasioni di accesso al test al fine di identificare precocemente l’infezione. L’accesso al test è, infatti, spesso ritardato o ostacolato da fattori sociali (scarsa conoscenza del virus, bassa percezione del rischio, stigma associato alla patologia), dalla disomogenea organizzazione dei servizi sanitari nazionali, dall’insufficiente sensibilizzazione della popolazione e dalla mancanza di politiche di accesso al test in contesti associativi “community-based” non sanitari. Questi ultimi risultano di cruciale importanza perché appositamente calibrati per incontrare le popolazioni-target, ovvero gruppi di persone che, secondo i dati epidemiologici, sono esposte ad alto rischio di infezione: uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (MSM), persone transgender, lavoratori e lavoratrici del sesso, soggetti che sono soliti assumere sostanze stupefacenti in via endovenosa, detenuti, migranti, persone senza fissa dimora, partner di persone con HIV e persone con più partner. Per costoro è necessaria l’implementazione di strategie informative mirate. Per le fasce più giovani della popolazione, che risultano sempre più disinformate su questa patologia, rimane imprescindibile l’inserimento nel curriculum scolastico di tematiche riguardanti l'educazione sessuale.

 

Per quanto concerne gli aspetti di cura e assistenza, l'obiettivo primario è, una volta diagnosticata la positività al virus, garantire la presa in carico della persona, il suo inserimento in un percorso di cura continuativo e assicurare un accompagnato e sostegno adeguati anche dal punto di vista psicologico. In questa fase sono cruciali il mantenimento in cura e l’aderenza ai farmaci. Solo l’erogazione della terapia antivirale per un periodo indefinito di tempo, infatti, è in grado di azzerare la carica virale del virus, impedendone così la diffusione e permettendo il mantenimento di un elevato livello di salute nei pazienti sottoposti al trattamento terapeutico. Su questo fronte, risulta necessario creare nuovi sistemi di monitoraggio dei pazienti e di verifica della regolarità delle visite attraverso l’introduzione protocolli specifici e la formazione mirata degli operatori sanitari.

Inoltre, considerata la riduzione della mortalità per AIDS e la sua crescente cronicizzazione dovuta all’avvento delle terapie antivirali, è da registrare l’insorgenza di una nuova necessità assistenziale legata all’invecchiamento dei portatori di HIV. Più del 33% di quest’ultimi, infatti, hanno superato i 50 anni e presentano ulteriori patologie. La gestione di tali comorbilità necessita di essere, innanzitutto, documentata con una raccolta costantemente aggiornata dei dati rilevanti a livello nazionale e, in secondo luogo, di essere affrontata mediante strategie di assistenza polispecialistica, incentivando percorsi di integrazione extra-ospedaliera e protocolli diagnostico-terapeutici ad hoc.

Da ultimo, il Piano afferma che il mantenimento dell’attuale piano legislativo sull’assistenza a domicilio delle persone con HIV e sul diritto all’esenzione per tutte le condizioni di comorbilità e per la loro prevenzione è indispensabile e fondamentale per garantire il diritto individuale alla salute.

Infine, il Piano, riconoscendo l'esistenza dello stigma sofferto dalle persone affette da AIDS, afferma la necessità di contrastare tutte le forme di discriminazione e di pregiudizio ai loro danni attraverso lo strumento della conoscenza, realizzando cioè adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione sul tema.

Il piano è presente a questo link e nel box download.

Teresa Andreani
Pubblicato il: Martedì, 31 Ottobre 2017 - Ultima modifica: Martedì, 27 Ottobre 2020
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