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Corte Europea dei Diritti dell’Uomo - S. & Marper v. UK: limite alla conservazione dei dati genetici
4 dicembre 2008

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto incompatibili con l’art. 8 della Convenzione le modalità di conservazione di campioni e dati previste dal National DNA Database del Regno Unito, istituito nel 1995. In S. & Marper v. Uk (4 dicembre 2008) la Corte, infatti, ha condannato lo stato inglese poiché la legislazione che ammette la conservazione illimitata di dati anche di cittadini innocenti (Section 64 del Police and Criminal Evidence Act, così come modificato dal Criminal Justice and Police Act del 2001), avrebbe leso il diritto alla vita privata dei ricorrenti, comportando il superamento del margine di apprezzamento statale ammesso.  

Numero
ricc. nn. 30562/04 e 30566/04
Anno
2008

Nel box download il .pdf della decisione della Corte (fonte: HUDOC)

Due cittadini inglesi, accusati in due distinti processi per rapina e violenza sessuale, erano stati sottoposti al prelievo di materiale biologico, sulla base della legislazione inglese che prevedeva il prelievo coattivo di campioni di soggetti indagati, condannati o semplicemente sospettati per la commissione di un reato. I campioni prelevati e i profili genetici da essi estratti erano destinati a conservazione illimitata nel database nazionale. A seguito del riconoscimento della loro innocenza, i due inglesi, che avevano ripetutamente richiesto la cancellazione dei dati dalla collezione, senza ottenere soddisfazione, avevano agito nei confronti dello Stato inglese, responsabile del funzionamento del database genetico e dell’attività dei corpi di polizia, prima davanti alle Corti nazionali e, poi, davanti alla Corte di Strasburgo.

La Corte EDU, poggiando la propria decisione sull’art. 8 della Convenzione, che tutela la vita privata in tutte le sue forme, dichiara che la mera detenzione di profili genetici rappresenta una interferenza nella privacy dei cittadini; tale ingerenza potrebbe essere considerata ammissibile se in linea con alcuni criteri, individuabili nel principio di legalità, di finalità, di necessità nella società democratica.

La previsione della conservazione dei dati deve dunque essere innanzitutto prevista dalla legge (requisito formale, integrabile mediante qualunque disposizione avente forza di legge); la legge in materia deve indicare espressamente la finalità perseguita (requisito teleologico, nel caso di specie soddisfatto mediante un richiamo alla “tutela della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, nella prevenzione dei reati” ). Infine, secondo la Corte,la “necessità nella società democratica”, si configura nella ricerca di proporzionalità tra i mezzi adottati e fine perseguito (realizzabile mediante l’individuazione, per la conservazione di profili genetici, di criteri di tipo oggettivo, legati alla tipologia e alla natura del reato commesso, di tipo soggettivo, legati allo status di condannato del soggetto sottoposto a prelievo e di tipo temporale).

In base a questa analisi, la Corte ha condannato lo Stato poiché la legislazione inglese che ammetteva la conservazione illimitata di dati anche di cittadini innocenti era lesiva del diritto alla vita privata dei ricorrenti e non rispettava lo standard di proporzionalità richiesto, superando il margine di apprezzamento statale ammesso.

Pubblicato il: Giovedì, 04 Dicembre 2008 - Ultima modifica: Giovedì, 30 Maggio 2019
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