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India – Supreme Court – Common Cause v. Union of India: Advance Medical Directive e trattamenti di sostegno vitale
24 gennaio 2023

Nel marzo 2018 la Corte Suprema indiana, nell’ambito del giudizio Common Cause v. Union of India, ha riconosciuto come fondamentale il diritto a morire con dignità e, conseguentemente, ha fornito alcune linee guida in materia di Advance Medical Directives (disposizioni anticipate di trattamento) e trattamenti di sostegno vitale. Nel gennaio 2023 la Corte è nuovamente intervenuta a riguardo, modificando alcune disposizioni che, essendo risultate difficilmente applicabili, ostacolavano l’efficacia della disciplina del 2018. 

Anno
2023

Nel 2019 la Indian Society of Critical Care Medicine ha presentato un ricorso alla Corte Suprema indiana affinché si pronunciasse nuovamente in relazione alla decisione Common Cause v. Union of India dell’anno precedente. Secondo la ricorrente, infatti, alcune linee guida ivi contenute in materia di Advance Medical Directives e trattamenti di sostegno vitale erano risultate difficilmente applicabili. Ciò rappresentava un rilevante ostacolo al pieno esercizio del fondamentale diritto a morire con dignità. 

Le disposizioni del 2018 affidavano un ruolo di primaria importanza al Judicial Magistrate of First Class (JMFC). Anzitutto egli avrebbe dovuto, insieme a due testimoni, essere presente quando il soggetto interessato (cd. executor) avesse sottoscritto la propria Advance Directive e attestare che il documento fosse stato redatto volontariamente, senza coercizioni e nella piena comprensione di tutte le informazioni rilevanti e delle annesse conseguenze. Secondo la Indian Society of Critical Care Medicine «[..] this clause has led the very object of this Court issuing directions being impaired, if not completely defeated» (punto 3, p. 12). Tenuto conto di ciò, la Corte Suprema è intervenuta modificando tale previsione. A seguito della pronuncia del 2024, il JMFC non ricopre più la sopracitata funzione, che è stata ora affidata a un notaio o a un Gazetted Officier (un funzionario governativo di alto grado).  

La Corte Suprema ha poi apportato alcune modifiche nelle linee guida riguardanti la valutazione delle condizioni cliniche dell’executor, la quale dev’essere eseguita per verificare se ricorrano le condizioni per attuare l’Advance Directive. Secondo la disciplina del 2018, l’ospedale avrebbe dovuto costituire un Medical Board composto da almeno tre medici, con almeno vent’anni di esperienza. Non si specificava, poi, entro che limiti temporali il Board avrebbe dovuto fornire il proprio parere sul caso. Una volta che i tre medici avessero certificato la possibilità di dare seguito all’Advance Directive, l’ospedale avrebbe dovuto informare il Collector (magistrato), che avrebbe dovuto istituire un ulteriore Board, composto secondo gli stessi criteri del precedente, incaricato di svolgere una seconda valutazione sulle condizioni dell’executor.  

Nel 2023 la Corte Suprema ha precisato che l’ospedale in cui è ricoverato l’executor è competente a istituire sia il Primary Medical Board sia un Secondary Medical Board. Quest’ultimo sostituisce il Board che, vigenti le linee guida del 2018, doveva essere istituito dal Collector. Si è precisato che il Primary Medical Board deve annoverare fra i suoi membri (sempre almeno tre) anche il curante dell’executor. Inoltre, la soglia di esperienza professionale richiesta è stata abbassata a cinque anni e si è disposto che il parere debba essere fornito preferibilmente entro 48 ore dal momento in cui il caso è stato sottoposto al Primary Board. Anche il Secondary Medical Board è chiamato ad operare rispettando tale tempistica ed è costituito secondo criteri analoghi (non si prevede però la presenza del medico curante). 

Se il Secondary Board concorda sulla possibilità di dare attuazione all’Advance Directive ciò deve essere comunicato all’executor o, qualora sia incapace di autodeterminarsi, ai fiduciari che egli ha nominato nella stessa Advance Directive. Se viene prestato il consenso, l’ospedale può sospendere i trattamenti sanitari, dandone previa comunicazione all’autorità giudiziaria. 

Se, al contrario, il Secondary Board ritiene errata la valutazione del Primary Board, i fiduciari, il medico curante o anche lo staff ospedaliero possono adire la High Court

Infine, nel caso in cui sia il Primary Board a negare la possibilità di attuare l’Advance Directive, i fiduciari possono richiedere all’ospedale di affidare il caso al Secondary Medical Board

Una procedura analoga è predisposta anche quando il paziente, malato terminale sottoposto a trattamenti sanitari a causa di tale incurabile patologia, non avesse previamente compilato l’Advance Directive. In siffatte circostanze il Primary Medical Board deve coinvolgere le persone vicine al paziente (sono menzionati il tutore, i familiari e gli amici) nella valutazione sull’interruzione o sul rifiuto dei trattamenti. Qualora tali soggetti diano il proprio consenso scritto, il Primary Board può dare il proprio parere in merito al percorso clinico da attuare. Se si opta per l’interruzione o il rifiuto delle cure, l’ospedale deve costituire il Secondary Medical Board

Nel caso in cui il Primary Board non sia favorevole all’interruzione dei trattamenti, o nel caso in cui il Secondary Boardsia in disaccordo con il parere del Primary Board, la famiglia, il medico curante o lo anche staff ospedaliero possono adire la High Court chiedendo che siano interrotti i trattamenti. 

Link utili: 

https://www.scobserver.in/cases/common-cause-euthanasia-and-the-right-to-die-with-dignity-case-background/

https://www.scobserver.in/journal/supreme-court-review-2023-right-to-life/

Emma Pivato
Pubblicato il: Martedì, 24 Gennaio 2023 - Ultima modifica: Lunedì, 29 Aprile 2024
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