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Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - Nicklinson and Lamb v. Regno Unito: suicidio assistito
16 luglio 2015

La Corte EDU ha dichiarato all’unanimità che i ricorsi presentati dalla moglie di Tony Nicklinson e da Paul Lamb, aventi ad oggetto la presupposta incompatibilità con la Cedu del divieto di suicidio assistito previsto dalla legge britannica, sono inammissibili.

Numero
ricc. nn. 2478/15 - 1787/15
Anno
2015

Il signor Nicklinson, deceduto nel 2012, soffriva della sindrome locked-in e desiderava essere aiutato a porre termine alla propria esistenza, sostenendo che il divieto previsto dal Suicide Act del 1961 violasse il suo diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 Cedu). Secondo la Corte di Strasburgo, il ricorso è manifestamente inammissibile, poiché l’articolo 8 Cedu non impone alle alte parti contraenti di prevedere un sistema giurisdizionale di valutazione nel merito della richiesta di suicidio assistito.

La vicenda giurisdizionale di Tony Nicklinson inizia nel 2011, quando l’uomo adisce la High Court, sostenendo che il divieto di assistenza al suicidio ed eutanasia attiva previsti dal Suicide Act 1961 costituisce una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare protetto dalla Cedu. Dopo la High Court, anche la Court of Appeal e la Supreme Court  hanno rigettato il ricorso di Nicklinson, affermando che la Section 2 del Suicide Act del 1961 non deve essere dichiarata, per il momento, in contrasto con l’art. 8 della CEDU.

Nel ricorso presentato davanti ai giudici di Strasburgo, la moglie del sig. Nicklinson (nel frattempo deceduto) sostiene che le corti interne non hanno correttamente valutato la compatibilità tra il divieto di assistenza al suicidio e il diritto al rispetto della vita privata e familiare tutelato dalla Cedu. I giudici di Strasburgo hanno però ritenuto che il sistema previsto dallo Human Rights Act per l’accertamento della compatibilità delle leggi interne con la Cedu vada letto anche alla luce della dottrina del margine d’apprezzamento e sulla base dei requisiti già stabiliti dalla Corte in Pretty v. Uk e in Koch v. Germany.

«The Contracting States are generally free to determine which of the three branches of government should be responsible for taking policy and legislative decisions which fall within their margin of appreciation and it is not for this Court to involve itself in their internal constitutional arrangements. However, when this Court concludes in any given case that an impugned legislative provision falls within the margin of appreciation, it will often be the case that the Court is, essentially, referring to Parliament’s discretion to legislate as it sees fit in that particular area. […] If the domestic courts were to be required to give a judgment on the merits of such a complaint this could have the effect of forcing upon them an institutional role not envisaged by the domestic constitutional order. Further, it would be odd to deny domestic courts charged with examining the compatibility of primary legislation with the Convention the possibility of concluding, like this Court, that Parliament is best placed to take a decision on the issue in question in light of the sensitive issues, notably ethical, philosophical and social, which arise. For these reasons, the Court does not consider it appropriate to extend Article 8 so as to impose on the Contracting States a procedural obligation to make available a remedy requiring the courts to decide on the merits of a claim such as the one made in the present case».

La Corte di Strasburgo ritiene perciò che la pronuncia della Corte Suprema, che aveva affermato che la decisione sulla disciplina del suicidio assistito spettasse al Parlamento, rientri fra le possibili soluzioni del bilanciamento che una corte britannica può svolgere nell’ambito del giudizio sulla compatibilità tra norme interne e Cedu: «The fact that in making their assessment they attached great significance (see paragraph 41 above) or “very considerable weight” (see paragraph 52 above) to the views of Parliament does not mean that they failed to carry out any balancing exercise. Rather, they chose – as they were entitled to do in light of the sensitive issue at stake and the absence of any consensus among Contracting States – to conclude that the views of Parliament weighed heavily in the balance».

Il secondo ricorrente, Lamb, paralizzato in seguito a un incidente, sosteneva che il divieto di assistenza al suicidio previsto dal Suicide Act britannico violasse, oltre all’art. 8, anche gli articoli 6, 13 e 14 della Convenzione, per la mancata previsione della possibilità di ottenere un’autorizzazione giurisdizionale alla somministrazione di farmaci letali. La domanda è stata dichiarata inammissibile a causa del mancato esperimento dei rimedi interni.

Il testo della decisione è disponibile nel box download.

Lucia Busatta
Pubblicato il: Giovedì, 16 Luglio 2015 - Ultima modifica: Mercoledì, 12 Giugno 2019
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